«Noi e Anna in quell’inferno di neve»

L’odissea dei genitori della bimba venuta alla luce dopo 4 ore di viaggio nella tormenta: avevamo paura di non farcela

SULMONA. Si rompono le acque e cominciano le prime contrazioni. Fuori, però, c’è quasi un metro di neve e l’ospedale dove si può ancora partorire è a circa cento chilometri di distanza. Dopo un viaggio-odissea nella tempesta di neve, a bordo di un mezzo cingolato dei vigili del fuoco, Anna, due chili e 700 grammi, viene alla luce all’ospedale di Sulmona. Nel racconto di quella notte – terribile e benedetta allo stesso tempo – e negli occhi dei genitori che stringono la piccola al punto nascita di Sulmona prende forma quello che sembra un piccolo miracolo. «Ero a casa, quando all’improvviso mi si sono rotte le acque», racconta mamma Alessandra Mosca, 34 anni di Castel di Sangro. «Allora ho subito chiamato mio marito per avvertirlo». Dalla telefonata della moglie, Mauro Oddis, 34 anni anche lui, impiegato dell’Anas alle prese con le strade da liberare dalla neve, corre per arrivare in via Case Sparse, alle porte di Castel di Sangro. «Sono tornato a casa col mezzo di servizio anche perché era l’unico disponibile», racconta l’uomo. «Immediatamente siamo usciti e ci siamo avviati verso Sulmona. Due mezzi dell’Anas e dei vigili del fuoco ci scortavano, uno davanti e l’altro dietro, solo che, arrivati sul Piano delle Cinquemiglia, ci siamo trovati davanti un muro di neve alto due metri». Da lì la preoccupazione inizia a salire e a lasciare spazio a momenti di disperazione, mentre doglie e dolori iniziano ad avere il sopravvento e la temperatura esterna raggiunge i meno 15 gradi. Parte un tam tam di telefonate, mentre la bufera di neve imperversa, e si decide di scendere a Sulmona a bordo del “bruco” dei vigili del fuoco dell’Aquila. Alessandra, Mauro e la dottoressa della guardia medica che li stava assistendo, la giovane Laura Pelino, vengono fatti salire sul mezzo cingolato. Dopo quattro ore riescono a raggiungere l’ospedale e il punto nascita, dove il personale allertato aspetta Alessandra. Una breve visita e i medici si rendono conto che non si può più aspettare e che ci vuole un taglio cesareo. «Sono arrivata appena in tempo», ricorda ancora emozionata Alessandra. «Anzi, in alcuni momenti durante il viaggio avevo paura che la bimba potesse venire alla luce per strada. Fortunatamente, grazie ai consigli della guardia medica e del personale del reparto con cui eravamo in contatto telefonico, siamo riusciti a scongiurare questo evento».

La piccola Anna, infatti, è nata poco dopo l’arrivo all’ospedale sulmonese. Sta bene e già oggi dovrebbe poter uscire e tornare a casa assieme alla mamma. «Vogliamo ringraziare il personale del reparto e la dottoressa che ha fatto il viaggio con noi», aggiunge il papà, «Ce la siamo vista brutta, soprattutto in alcuni momenti, e l’ansia è stata tanta». Strettamente connesso alla questione resta il destino del punto nascita sulmonese, che se fosse stato chiuso avrebbe costretto la donna a un viaggio della speranza verso L’Aquila o Avezzano, con la bufera che imperversava fuori e i dolori per le contrazioni che la flagellavano. Con la forte nevicata, infatti, l’elisoccorso non si è alzato in volo e la Statale 17 è stata chiusa al traffico in direzione dell’Alto Sangro.

«Chiudere i reparti nelle zone di montagna non è un semplice errore, ma è un delitto», aggiunge Mauro. «Anche a Castel di Sangro avevamo il punto nascita che poi è stato chiuso. E se avessero chiuso anche il reparto a Sulmona, cosa sarebbe accaduto a mia figlia e a mia moglie?». Domande a cui le istituzioni preposte dovranno dare risposte concrete.

©RIPRODUZIONE RISERVATA