Nuda a 14 anni su internet: tutti assolti

Scagionati anche in Cassazione 10 minorenni accusati d’aver diffuso materiale pedopornografico

SULMONA. La Corte di Cassazione, rigettando il ricorso presentato dal pubblico ministero del tribunale per i minorenni dell’Aquila ha messo la parola fine alla vicenda giudiziaria che vedeva dieci minorenni di Sulmona accusati di divulgazione di materiale pedopornografico per essersi scambiati la foto senza veli di una loro amica 14enne.

La decisione della Suprema Corte è stata resa nota ieri dai legali dei minori coinvolti.

Era gennaio del 2013 quando una trentina di ragazzi di Sulmona e dei paesi del circondario, quasi tutti minorenni, dovettero presentarsi alla caserma dei carabinieri per spiegare da chi avessero avuto alcune foto che ritraevano nuda un’adolescente del posto.

All’inizio sembrava un gioco, figlio delle contraddizioni di un mondo giovanile che utilizza internet in maniera disinibita e fuori da ogni controllo, tanto che era stata la stessa minore a farsi fotografare e a mettere in giro gli scatti, cedendoli agli amici più stretti. Poi in pochi giorni, le immagini che ritraevano completamente nuda la 14enne, finirono sui telefonini dei suoi compagni di classe di quelli dell’istituto scolastico che frequentava e poi su quelli di mezza città.

Una vera e propria macchina del fango che i genitori cercarono all’epoca di arginare, andando in caserma per chiedere che i colpevoli venissero puniti. Il procedimento giudiziario che ne è scaturito si è concluso con la sentenza «di non luogo a procedere» del Gup del tribunale dei minori nei confronti dei 10 imputati. Sentenza alla quale ha fatto ricorso in Cassazione, la procura del tribunale per i minori, secondo cui nel comportamento dei giovani coinvolti poteva essere ravvisato il reato di incremento della diffusione della pedopornografia.

Ieri, la Suprema Corte ha chiuso definitivamente la vicenda penale che comunque prosegue dal punto di vista civilistico con la richiesta da parte dei genitori della ragazza di 600 mila euro a titolo di risarcimento dei danni morali e psicologici subiti dalla figlia.

Soldi che pretendono dalle famiglie dei dieci ragazzi coinvolti nella vicenda.

A questo punto, la decisione della Corte di Cassazione non potrà non pesare anche su questo ulteriore procedimento.

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