Scuola negata a una ragazza autistica, il Tar dà ragione alla famiglia

27 Dicembre 2025

L’Istituzione scolastica deve garantire il percorso formativo più adatto tenendo conto di stato di salute e problemi legati agli spostamenti

L’AQUILA. L’Istituzione scolastica deve garantire a una persona con grave disabilità il percorso formativo a lei più adatto tenendo prima di tutto conto del suo stato di salute e dei problemi fisici che gli spostamenti casa-scuola potrebbero provocare all’alunno portatore di handicap. È l’estrema sintesi di una sentenza del Tar dell’Aquila, pubblicata alla vigilia di Natale, sul caso di “scuola negata” a una ragazza di 19 anni affetta da gravi disturbi psico-motori riconducibili allo spettro dell’autismo. La giovane non parla, anche se intende, non è autonoma, non mangia da sola, non riesce a vestirsi. Ha problemi di udito che si acuiscono in maniera “insopportabile” con le variazioni di quota, cosa che accade quando la 19enne deve “scendere” in auto, accompagnata dai genitori, dal paese montano, dove abita, all’Aquila.

La vicenda, di cui il Centro si era già occupato lo scorso ottobre, coinvolge un istituto comprensivo e una scuola superiore dell’Aquila che non citiamo perché il Tar nella sentenza ha inserito degli omissis sia (chiaramente) sui dati che potrebbero identificare la ragazza ma anche dove si citano le due scuole. I genitori della giovane avevano chiesto ai due Istituti di rinnovare una convenzione, attivata lo scorso anno scolastico, che consentiva alla persona disabile, formalmente iscritta a un istituto superiore dell’Aquila, di poter svolgere attività didattica, affiancata da una insegnante di sostegno, nei locali della scuola media del paese dove la giovane abita evitando così problematici spostamenti nel capoluogo. Quest’anno la convenzione non è stata rinnovata e da qui il ricorso al Tar dei genitori, assistiti dagli avvocati Claudio Di Tonno e Matteo Di Tonno del Foro di Pescara. I giudici amministrativi hanno annullato due provvedimenti presi in tempi diversi dai due Istituti (uno a giugno e uno a ottobre, quest’ultimo a seguito di una sospensiva del Tribunale amministrativo regionale) che negavano il rinnovo della convenzione.

Il Tar “bacchetta” e “ordina” ai rappresentanti dei due Istituti di rivedere la decisione anche in base alle valutazioni che gli stessi giudici del Tar fanno nella sentenza, ampiamente motivata con dettagliati riferimenti normativi. Per “resistere” al ricorso si sono «formalmente costituiti in giudizio il ministero dell’Istruzione e i due Istituti allegando i rapporti informativi – indirizzati dai dirigenti scolastici degli Istituti interessati e dal dirigente dell’Ufficio scolastico regionale per l’Abruzzo – all’Avvocatura distrettuale dello Stato». Il tribunale amministrativo dell’Aquila rifà la storia della vicenda e poi, per prima cosa, si occupa dei verbali dei “Gruppi di lavoro per l’inclusione” (Gli), verbali che sono stati posti alla base del «no» al rinnovo della convenzione. Il Tar accoglie un primo motivo del ricorso secondo il quale «nella composizione dei Gli che hanno espresso parere negativo al rinnovo del protocollo d’intesa per l’anno scolastico 2025-2026 non figurano gli specialisti della Asl e del territorio di riferimento, nonostante che la richiesta di proroga della convenzione, avanzata dai genitori dell’alunna, fosse dettagliatamente motivata con riferimento a uno specifico disturbo pressorio dell’orecchio che si manifesta con dolori forti e che impedisce alla figlia di effettuare spostamenti giornalieri per un lungo tragitto». Il Tar ritiene poi contraddittoria la motivazione posta a base del «no» al rinnovo della convenzione «in base alla quale è stato ritenuto più utile permettere all’alunna di frequentare un ambiente nuovo, dove relazionarsi con compagni più vicini alla sua età e dove poter ricevere ulteriori stimoli a livello di motricità e creatività».

Una motivazione che sempre secondo i giudici del Tar «si fonda esclusivamente sulla peculiarità dell’offerta formativa della scuola superiore e non, come esige il rinnovato sistema di inclusione delineato dal decreto legislativo 66 del 2017, sui reali bisogni assistenziali, educativi e relazionali dell’alunna. I soggetti coinvolti nella valutazione dei bisogni individuali della giovane hanno omesso anche di effettuare un giudizio prognostico sull’evoluzione della grave patologia psico-motoria, la cui certificazione ha determinato il riconoscimento di un sostegno di tipo intensivo. Non si evince, infatti, dai verbali delle riunioni dei Gli e dalle note congiunte di diniego, impugnate con il ricorso, alcun elemento concreto dal quale ritrarre la dinamica evolutiva del percorso educativo individualizzato dell’alunna, il miglioramento della sua inclusione scolastica mediante l’affermata – ma non comprovata – utilità ritraibile dalla frequentazione di compagni più vicini a lei come fascia d’età». I due Gli contestavano ai genitori della giovane il mancato rispetto della prima convenzione (quella poi non rinnovata) che prevedeva la frequenza nell’Istituto superiore dell’Aquila almeno un giorno a settimana, mancanza che però, secondo i giudici «non è idonea a giustificare il no al rinnovo della convenzione». Inoltre «il diniego di rinnovo della convenzione è stato adottato senza procedere alla previa verifica della possibilità di accogliere la proposta scritta presentata dai genitori dell’alunna nella quale si fa espresso riferimento all’attivazione dell’accomodamento ragionevole».

In conclusione, i giudici del tribunale amministrativo dell’Aquila ordinano «ai due Istituti di Istruzione di riesaminare l’istanza di rinnovo del protocollo d’intesa presentata dai genitori dell’alunna disabile. In particolare, i due Istituti dovranno provvedere a convocare con sollecitudine i rispettivi Gli, assicurando la partecipazione di un numero idoneo di specialisti dell’Azienda sanitaria locale e del territorio di riferimento, e ad esaminare, nel contraddittorio delle parti, tutti i bisogni individuali dell’alunna, nessuno escluso, alla luce del principio di accomodamento ragionevole» – leggasi buon senso – «e delle motivazioni della presente sentenza». Il ministero dell’Istruzione e del merito è stato condannato a «rifondere alla parte ricorrente le spese di lite, che liquida in euro 2.000 oltre accessori».

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