Scuole, farmacie e banda larga: ecco il piano anti-spopolamento

Il ministro Foti all’evento Anci: «Siamo in ritardo, ma i fondi per invertire la rotta ci sono»
L’AQUILA. Scuole, farmacie, medicina e connessione alla rete: ecco la ricetta di Tommaso Foti, ministro per gli Affari Europei, il Pnrr e le Politiche di coesione, per vincere la sfida dei Comuni e del governo di area vasta, di cui si è parlato ieri all’Aquila all’auditorium del Parco, al termine del tavolo tecnico: “Strategie di area vasta per generare sviluppo e contrastare lo spopolamento: il ruolo dei Comuni capoluogo”. Davanti alla platea composta da sindaci e amministratori arrivati da tutto l’Abruzzo (c’erano rappresentanti degli altri capoluoghi provinciali, ma anche dei centri minori dell’entroterra pescarese, chietino e teramano), il ministro ha spiegato quelle che per lui, eletto la prima volta nel suo piccolo Comune in provincia di Piacenza, dove ancora oggi mantiene la residenza, sono oggi le priorità per salvare le aree interne dallo spopolamento: «Le farmacie rurali, se non una per Comune, una strategica per un bacino; i presidi scolastici, perché non si può chiedere di fare ogni giorno trenta chilometri per portare un figlio a scuola; la telemedicina, che potrebbe risolvere l’assenza di medici di base nei piccoli Comuni; la banda ultralarga, ipotizzando un ricorso alla strategia satellitare per poter raggiungere anche le più piccole e lontane frazioni dei centri interni. È molto interessante quello che sta facendo Poste italiane: con un grande progetto da 800 milioni di euro, ha lanciato gli uffici postali “Polis”, diventati uffici di servizi».
IL PNRR
Area vasta è sinonimo di coesione territoriale e sociale, obiettivo raggiungibile con una spesa ottimale delle risorse sui territori: «Qualcosa non funziona nel rapporto Regioni-Comuni nell’utilizzo dei fondi. Se le Regioni adottano una politica che esclude interventi in alcune aree, non è colpa della Coesione, ma c’è qualcosa che non va. Tutto ruota attorno alla programmazione. E diventa fondamentale pensare al “sistema Pnrr” e adottarlo: significa ragionare per obiettivi e cronoprogrammi. I Comuni hanno avuto in dote 25 miliardi di euro, e ad oggi c’è una buona rispondenza di progetti conclusi, in particolare però quelli di minor valore economico».
CITTÀ METROPOLITANE
«Abbiamo un programma finanziato a livello nazionale, Metro Plus, che vale 3 miliardi di euro, 2,5 alle 14 città metropolitane, altri 300 milioni per 39 città medie del sud, e non parliamo di città capoluogo», ha detto ancora Foti nel suo intervento conclusivo. «Ho firmato un decreto che ha consentito all’autorità di vigilanza di firmare due decreti per 193 interventi per 260 milioni di euro. Abbiamo guardato la compatibilità degli interventi. La palla ora è in mano alle città medie, che dovranno dimostrare di spendere bene le risorse».
I NUMERI
«Nelle città metropolitane vivono circa 21 milioni di persone, il 36% degli italiani, nelle aree interne, che sono di quattro diverse tipologie, il 23% (con il 48% dei Comuni) e poi gli altri nelle città medie che non rientrano nelle altre due tipologie. Io vengo da un piccolo Comune e nella mia ultima relazione davanti alla Commissione Demografia ho parlato di marginalità irreversibile in relazione a uno spopolamento della popolazione che andava contrastato. Il problema è attuare i piani già esistenti e affrontare le questioni pratiche, come quella della connessione internet: provate voi a lavorare in smart working in un piccolo Comune senza avere una rete stabile. O come la presenza di farmacie rurali, che possono essere fondamentali anche come presidi per fare alcuni esami e controlli. E la presenza delle scuole e dei collegamenti. Una strategia per le aree interne, dunque, è fondamentale». Una questione è anche quella di reperire figure tecniche nei Comuni, a corto di personale oggi e con un’emergenza-pensionamenti in arrivo: «Il problema accomuna tutti i Comuni, ma all’ultimo concorso per stabilizzare mille figure, abbiamo avuto solo poco più di trecento idonei a livello nazionale. Lavorare nel pubblico non ha più l’appeal di un tempo: bisogna adeguare i compensi del personale tecnico, perché senza diventerà difficile partecipare, vincere e gestire un bando. L’ho detto a livelli alti nel governo: tra pochi anni rischiamo il collasso. Questo è un tema anche Anci deve mettere sul tavolo per avere qualità nei suoi enti: magari non servono 10 persone in un Comune, ma ne bastano 7 e pagate bene», aggiunge il ministro ricevendo un caloroso applauso della platea. La linea da seguire qual è? «Bisogna ripartire dall’esperienza fatta a livello di spesa, nella programmazione 2014-2020, che non è stata soddisfacente e su cui siamo in ritardo ormai di 5 anni. Di 1.200 milioni disponibili, ci sono oltre 5.000 progetti per 700 milioni e sono stati spesi ad oggi 450 milioni di euro, questo nella programmazione che avrebbe avuto chiudere il 2020. Siamo al massimo al 40% delle risorse disponibili spese dai Comuni. Dobbiamo guardare a un modello che contiene il Piano strategico nazionale per le aree interne e che contenga strategie su misura per le singole aree, perché ogni area ha le sue problematiche diverse all’interno della stessa regione. Serve poi un cronoprogramma e l’individuazione, ed è importante, di un soggetto istituzionale che faccia da capofila, oltre alla responsabilità a livello regionale».