Silveri: «Liste d’attesa, non c’è soluzione»

Il manager Asl: in molti casi dipende dalle troppe richieste di esami, anche quando non servono

L’AQUILA. «Il problema delle liste di attesa non si risolverà mai: più cresce l’offerta, più sale la domanda, con un ritmo esponenziale. Soprattutto nella diagnostica per immagini, a volte si fa un uso improprio degli esami e le richieste risultano inappropriate».

Non nasconde le criticità il manager dell’Asl Giancarlo Silveri. Liste di attesa che continuano ad allungarsi, con tempi biblici per alcuni esami indispensabili per la prevenzione o i controlli di routine. Per una mammografia al «San Salvatore» bisogna aspettare quattro mesi, che salgono a sei per alcuni tipi di risonanza.

«Ogni giorno», afferma Silveri, «arrivano al Cup centinaia di richieste di visite specialistiche ed esami diagnostici, che sono il riflesso naturale delle campagne di prevenzione e di una maggiore attenzione degli utenti alla salute. Un anno e mezzo fa, per fronteggiare il problema delle liste di attesa, abbiamo messo in atto un meccanismo interprovinciale che consente di scegliere, al momento della prenotazione, dove effettuare le prestazioni. Oltre alle strutture sanitarie pubbliche di tutta la provincia, gli utenti possono scegliere anche centri e cliniche private, per limitare i tempi di attesa. Ma, nel caso della diagnostica per immagini, registriamo sempre una propensione dei pazienti verso gli ospedali pubblici».

Un meccanismo, quello della prenotazione su tutta la provincia, che non ha sortito gli effetti sperati. Gli utenti continuano a preferire la struttura sanitaria logisticamente più vicina e raggiungibile. E, nella maggior parte dei casi, chiedono di essere controllati in ospedale.

«Va chiarito, in ogni caso», spiega Silveri, «che esiste una corsia preferenziale per le urgenze, che devono essere indicate chiaramente, nella richiesta del medico di base. In tal caso, l’esame viene effettuato nel giro di qualche giorno». Ma è sulla prevenzione che arrivano le contestazioni maggiori: l’urgenza, infatti, è prevista solo per sospetta o acclarata malattia. Per i controlli periodici, bisogna mettersi in fila e aspettare, anche mesi.

«Ritengo che, in alcuni casi, si faccia un uso non necessario degli esami diagnostici», evidenzia in conclusione il manager dell’Azienda sanitaria locale numero 1, «e questo comporta un ulteriore aggravio per le strutture pubbliche, che risultano intasate. Ho richiesto un report su scala provinciale, con i dettagli precisi della prestazioni effettuate, delle liste di attesa e degli esami che richiedono tempi più lunghi. Appena avrò un quadro dettagliato, sarà possibile pianificare gli interventi necessari per garantire ai pazienti prestazioni più rapide».

Monica Pelliccione

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