Sit-in di medici e infermieri del carcere di Sulmona

La protesta: “Rischiamo il licenziamento”. Gli operatori sanitari contestano la normativa regionale che prevede il ricorso alle graduatorie Asl

SULMONA. Sit-in di protesta del personale medico e infermieristico davanti al carcere di Sulmona. Una decina di operatori sanitari, armati di striscioni, contestano la nuova normativa regionale, adottata con decreto all'inizio dell'estate, che regola le assunzioni di medici e infermieri nelle carceri abruzzesi e prevede il ricorso alle graduatorie della Asl per reperire personale da adibire al servizio. Di fatto, ciò comporterebbe il licenziamento di tutti gli attuali addetti alla scadenza del loro contratto.

«Un fatto che non è giusto nei confronti degli attuali medici e infermieri in servizio - sottolinea il dirigente medico del carcere, Fabio Federico - e non è giusto nemmeno nei confronti degli stessi detenuti che già stanno protestando. Perchè i medici che hanno un'esperienza trentennale dentro queste mura e gli infermieri che vi lavorano da venti non possono essere sostituiti da medici, altrettanto preparati, ma senza la dovuta esperienza che un incarico come questo richiede».

«Credo che il presidente della Regione Abruzzo debba stare un pò più attento quando firma i decreti acrobatici come l'ultimo che ha firmato - incalza Federico - perchè noi non staremo fermi di fronte a questo scempio». Inoltre, fa notare Federico, «i medici che saranno chiamati a sostituirci sono medici di primo livello che costano molto di più di quelli che ci sono adesso».

Secondo Federico con le nuove disposizioni si abbasseranno anche i livelli di sicurezza. «Ci sarà un solo medico per turno, cosa che non garantirà per 500 detenuti un'assistenza sanitaria decente, con problemi per tutti. È l'ennesima beffa per Sulmona, perchè nelle altre Asl è stato fatto altro, nelle altre regioni sono stati stabilizzati i medici. Abbiamo parlato con il direttore generale della Asl Avezzano Sulmona L' Aquila, Giancarlo Silveri, e proprio per questo siamo fortemente preoccupati».