Supercarcere, detenuti in rivolta

In 300 contro il sovraffollamento. E ieri nuovo tentativo di suicidio.

SULMONA. È bufera nel carcere di Sulmona. Nella nottata di ieri, poche ore dopo il suicidio di Tammaro Amato, un altro detenuto ha tentato di uccidersi tagliandosi le vene con una lametta per poi appendersi con un lenzuolo alla grata della sua cella. Lo hanno salvato gli agenti di polizia penitenziaria e il medico in servizio. L’uomo infatti è stato subito soccorso e rianimato, ora sta bene.
Il clima è teso, una polveriera che rischia di esplodere. Ieri sera i 300 detenuti ristretti nelle 6 sezioni penali, hanno dato vita a una rumorosa protesta battendo le vettovaglie sui cancelli e sulle grate delle celle, annunciando di non voler ritirare il vitto dell’amministrazione penitenziaria.

Vivono in tre in poco più di 9 metri quadrati con tutti i problemi che provoca la convivenza tra persone affette da problemi e patologie particolari. Costruito per ospitare 300 detenuti, il supercarcere di via Lamaccio ne contiene quasi 500, alcuni dei quali peraltro molto pericolosi come quelli reclusi nella sezione internati dove si sono verificati i due ultimi episodi autolesionistici.

Una situazione al limite del collasso come evidenzia il responsabile dell’area medica del carcere e sindaco di Sulmona, Fabio Federico. «Non è possibile che un solo agente debba controllare 100 detenuti, tutti altamente pericolosi» sostiene «detenuti che hanno finito di scontare la pena e che dovrebbero essere impiegati nella casa lavoro. Ma sono solo pochi quelli che hanno la possibilità di poter lavorare». Per Federico manca sia il personale di vigilanza sia quello di assistenza medico e sociale in un carcere dove è sempre più difficile per i reclusi accedere al servizio sanitario nazionale.

«Così 170 detenuti con problemi psichici sono affidati alle cure di un solo psichiatra», prosegue «se a questo si aggiungono le difficoltà che ha comportato il passaggio del servizio sanitario dall’Amministrazione penitenziaria alle Asl, il quadro è completo». Fortemente critici anche i sindacati di categoria.

«Urgono seri provvedimenti, e non solo annunci, che vanno nella direzione di maggiori risorse per adeguare gli organici del personale penitenziario e per implementare il numero degli istituti presenti sul territorio nazionale», dice il coordinatore per l’Abruzzo della Cgil-Fp Polizia penitenziaria, Matteo Balassone.

Il sindacalista chiede alla direzione del carcere di aprire un confronto, allargato alle istituzioni, per individuare, in tempi brevissimi, tutte quelle soluzioni che possano garantire «un immediato ritorno a condizioni di lavoro e di convivenza accettabili». «A ciò si aggiunge», incalza Ivana Giardino, della segreteria regionale Fp-Cgil «la grave situazione di sovraffollamento che genera una condizione di difficoltà sia nella gestione dei detenuti, ma soprattutto non favorisce le condizioni per lavorare all’applicazione di strumenti idonei alla rieducazione e ad una migliore socialità tra i detenuti stessi».

Non secondaria, sempre secondo la Cgil, sarebbe la carenza di attività lavorativa; solo pochissimi detenuti sarebbero impiegati nei lavori all’interno del carcere di Sulmona. «Le criticità di supercarcere sono ben note al Provveditore regionale e al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria» aggiunge Eugenio Sarno della Uil. Una su tutte «l’allocazione di detenuti con problemi mentali in una struttura che non fornisce i necessari requisiti, e il penalizzante gap dell’organico della polizia penitenziaria». Il carcere ha una pianta organica di 310 agenti, a fronte dei 200 attualmente in servizio.
«Va ricordato» conclude Sarno «che le rappresentanze sindacali sono in agitazione da alcuni mesi e hanno già dato vita a diverse manifestazioni di protesta».