Tanti drammi familiari tra le montagne

I precedenti incidenti che hanno coinvolto padri e figli: dai fuoripista alle escursioni finite in tragedia

L’AQUILA. Si era buttato in acqua per salvare il figlio che stava scivolando dalle rocce a ridosso della cascata delle Cento Fonti, a Cesacastina, in uno degli scenari più interessanti dal punto di vista naturalistico del Parco Gran Sasso-Laga. Ma è scivolato lui stesso, facendo un volo dalla cascata battendo violentemente il capo. Se n’è andato così, un Ferragosto di tre anni fa, Donato Camaione, un piccolo imprenditore che viveva a Villa Panichieri di Nepezzano. Il suo sacrificio salvò la vita al piccolo Yarno di otto anni. Tragedie che segnano per sempre intere famiglie, come l’incidente che domenica sul Gran Sasso ha visto una donna di 44 anni perdere la vita travolta da un fiume d’acqua e sassi. Il tutto sotto lo sguardo impotente del marito e dei due figli con i quali aveva deciso di trascorrere una giornata a Monte Prena.

Una tragica fatalità come quella che solo per un soffio non ha avuto conseguenze gravi a Campo Imperatore, lo scorso marzo. Un uomo e i suoi due figlioletti di 7 e 10 anni, hanno rischiato di cadere da un precipizio con il bob. A salvarli sono stati gli agenti della polizia e della Forestale, in servizio a Campo Imperatore, allertati dalla madre dei bambini che era rimasta in albergo. Il papà e i due figli stavano giocando sulla neve. All’improvviso, a causa di una manovra errata, l’uomo ha perso il controllo del mezzo che è uscito fuori pista a forte velocità finendo, dopo aver sbattuto contro alcune rocce, lungo un pendio innevato e con fondo ghiacciato, a un passo da un precipizio.

All’inizio dello scorso anno la morte dello snowboardista Mario Celli, travolto da una slavina mentre era con suo fratello Paolo. Medico aquilano, appassionato di musica, il giovane era uno sciatore esperto eppure fu tradito dalla neve che amava.

Altra tragedia familiare nel 2006. Sylvia Heufler, 56 anni, austriaca, è stata uccisa da un fulmine mentre stava facendo un’escursione insieme al marito sul Monte Camicia. Nell’estate del 2004, Francesco Colagrande, impiegato 54enne dell’Aquila, è morto dopo essere scivolato nel Vallone dei Ginepri. Era partito dal rifugio Duca degli Abruzzi per dirigersi sul versante teramano del Gran Sasso dove aveva appuntamento con il figlio. E sempre nel Vallone dei Ginepri, nel 2003, restò ucciso Alberto Busettini, 48 anni di Tarvisio davanti agli occhi della moglie. (fab.i.)

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