Terremoto dell’Aquila, Vittorini: «Cerco solo la verità, brutto inchinarsi a Bertolaso»

Parla l’uomo intervenuto all’evento con l’ex capo della Protezione civile e il pm Picuti: «Quando ho chiesto di far sentire quella famosa chiamata mi è stato praticamente tolto il microfono»
L’AQUILA. «Verità e giustizia. È il motivo per cui sono andato lì. Sono stufo di chi pensa che agisca perché in preda al dolore. Quella è una cosa privata che non c’entra nulla con la mia battaglia». La voce di Vincenzo Vittorini, che ha perso moglie e figlia nel sisma del 6 aprile 2009, è emozionata ma allo stesso tempo ferma mentre racconta la “sua” versione di quanto successo due giorni fa, alla presentazione che ha visto protagonisti l’ex responsabile della Protezione civile nazionale Guido Bertolaso e il magistrato del processo Grandi rischi Fabio Picuti.
A un certo punto Vittorini ha deciso di intervenire salendo sul palco. «Ho chiesto di parlare dopo aver sentito Bertolaso raccontare dell’intercettazione», dice. Si parla della famosa chiamata fatta dall’allora funzionario di Governo all’assessore Daniela Stati in cui si annuncia una “operazione mediatica” con la riunione della Commissione grandi rischi appena qualche giorno prima del terremoto. Una vicenda controversa che, 16 anni e alcune sentenze dopo, non si è ancora chiusa.
Vittorini, che impressione ha avuto dell’incontro?
«Ho visto una città che, soprattutto a livello istituzionale, si è prostrata davanti a Bertolaso. Una parte della città lo ha sempre fatto, ma mi dispiace che a farlo siano state anche le istituzioni. E guardi che prostrarsi significa qualcosa di brutto».
L’Aquila non avrebbe dovuto accogliere l’incontro?
«O fai parlare tutte le parti, o non fai parlare nessuno. E poi, da quanto so, l’incontro inizialmente avrebbe dovuto essere al Palazzetto dei Nobili, ma poi è stato fatto in una caserma, che sembra un luogo fatto per difendere qualcuno e non altri».
L’evento, però, era aperto a tutta la cittadinanza.
«Vero. E infatti io, mio figlio (Federico, ndr) e Maurizio (Cora, ndr) eravamo lì. Noi cerchiamo verità e giustizia, è quello che vogliamo. Per questo dovevamo esserci».
In che momento ha deciso di intervenire?
«Ho chiesto di poter essere ascoltato dopo aver sentito Bertolaso parlare di quella intercettazione. Fino a quel momento, e anche dopo, ho avuto un atteggiamento normale ed educato. Avrei potuto prendere un altoparlante e usarlo per far sentire a tutti la telefonata. E invece ho avuto la cortesia di chiedere a Bertolaso se potevamo sentirla».
Che cosa è stato detto dell’intercettazione?
«Bertolaso ha fatto riferimento solo alla prima parte, cioè quella in cui parla di dare un aiuto alla città. E ha detto il vero. Si è dimenticato, però, della seconda parte – quella che chiamo “la mazzata” – in cui lui afferma che esperti sismologi sarebbero venuti a dire che è un bene che ci siano le piccole scosse, che liberano energia. Nella chiamata definisce tutto ciò una “operazione mediatica”. Tra l’altro, lui è stato molto provocatorio su questo tema».
Che intende?
«È stato Bertolaso a tirare fuori la telefonata, cominciandone a parlare in maniera quasi goliardica. Ma non si sbeffeggiano le morti e nemmeno chi è vivo. Non si sbeffeggia una città. Tra l’altro, ha anche detto di essere andato a La7 a parlare di quell’intercettazione – che proveniva da un altro processo – in modo che fosse utilizzabile contro di lui nel Grandi rischi bis. Dice di essersi autodenunciato. A noi, però, hanno raccontato altro».
Avete provato a portare quella intercettazione a processo?
«Sì, abbiamo portato sia quella telefonata che la trasmissione di La7 in cui Bertolaso ne parla. Sa cosa ci hanno detto tutti? Che non poteva entrare a processo, che non era ammissibile. Ma lui dice di aver fatto tutto in maniera cosciente, anche contro il parere del suo avvocato...».
Con Bertolaso sul palco c’era il magistrato che ha indagato su di lui nel processo che ha portato alla sua assoluzione. Che ne pensa?
«Questo evento è stato strano, stranissimo. Un pm, il procuratore Picuti, che si siede insieme a un suo ex imputato. Sul palco si danno del tu, si donano i libri e si fanno anche le dediche. Nei nostri confronti, soprattutto nei contesti ufficiali, c’è sempre stato un atteggiamento super partes. Io ieri ho visto qualcosa di diverso. Devo dire che Picuti mi ha deluso».
Picuti ha raccontato di aver voluto scrivere questo libro dopo aver letto le testimonianze di chi, come lei, quella notte ha perso molto.
«Sa che a noi questo libro non è mai stato dato? A noi che siamo parte civile, le vittime, non ci è mai stato donato. Mentre all’altra parte di questa storia è stato regalato. Con tanto di dedica. Io rispetto il dottor Picuti, perché ha fatto un processo alla Grandi rischi che è stato importante. Ma oggi lui e Bertolaso si danno del tu in contesti pubblici, che è un’anomalia. Se bisogna essere super partes, bisogna esserlo davvero».
Quando ha chiesto di parlare l’hanno fatta salire sul palco.
«Mi hanno dato solo parzialmente la possibilità di parlare. Quando ho chiesto se potevo far sentire la chiamata mi è stato praticamente tolto il microfono. Qualcuno sul palco è arrivato a dire che non si parla più del pre-sisma perché è inutile».
Le ha fatto male questa frase?
«Dire che è inutile parlare del pre-sisma è falso. Ci sono dei temi che, a distanza di decine di anni, sono ancora oggetto di discussione. Temi in cui non esiste una zona grigia ma che richiedono di schierarsi da una parte o dall’altra. Bianco o nero, senza spazio per le alternative. Ieri si sono tutti prostrati, perché non c’era la gente vera dell’Aquila, quella che ti supporta anche se non ha avuto perdite. In quella caserma c’era soltanto chi ti sopporta e ti dà le pacche sulla spalla in privato».
A che si riferisce?
«Alla fine dell’evento sono venute diverse persone a dirmi che avevo ragione. Le stesse che poi, in pubblico, non hanno detto una parola. Queste cose si dicono quando conta, non a margine. Io sono stufo di essere visto come quello mosso dal dolore, per cui qualcuno dice: “Oh, guarda, poverino, soffre tanto!”. La perdita e il dolore sono una cosa privata, qui si parla di altro».
Cioè?
«Parliamo di una battaglia pubblica per la verità e la giustizia, che per troppo tempo sono state messe sotto al tappeto. Ma, ci tengo a sottolinearlo, rappresentano altro rispetto alle mie perdite».
Vittorini, crede ancora alla giustizia italiana?
«Sto perdendo fiducia. Credo in chi pone la giustizia al di sopra delle parti, senza sbilanciarsi né verso chi è parte civile né verso chi rappresenta il potere precostituito. Qualcosa che in questo Paese sta scomparendo».
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