Terrorismo, processo ai tre palestinesi: due magistrati aquilani finiscono sotto scorta

23 Dicembre 2025

Disposta da settimane la tutela personale per Roberta D’Avolio e Giuseppe Romano Gargarella. In campo polizia e carabinieri. Rischio legato anche a possibili infiltrazioni degli anarchici

L’AQUILA. In questo preciso momento storico, all’Aquila il silenzio pesa più del rumore. È un silenzio fatto di ingressi riservati, agenti in borghese, giubbotti antiproiettile nascosti sotto i cappotti, livello di controlli molto alto. Da settimane la Procura e il Tribunale vivono una vigilanza rafforzata, segnale di un livello di attenzione che va oltre l’ordinario e che racconta la delicatezza di un procedimento, quello in corso a palazzo di Giustizia, unico nel panorama giudiziario italiano.

Il sostituto procuratore Roberta D’Avolio e il presidente del collegio giudicante Giuseppe Romano Gargarella, lancianese di nascita, sono sotto scorta, sottoposti alla tutela personale disposta dalla Prefettura dell’Aquila e attuata con la massima discrezione da polizia e carabinieri. Una misura preventiva, scattata già da alcune settimane, legata alle indagini e al processo su una presunta cellula accusata di associazione con finalità di terrorismo e di aver pianificato azioni violente in Cisgiordania partendo proprio dal capoluogo abruzzese.

Il processo, in corso davanti alla Corte d’Assise dell’Aquila, ruota attorno alle contestazioni mosse a tre imputati. Secondo ambienti investigativi, il timore è che attorno ai movimenti di solidarietà, che si sono palesati in questo ultimo periodo, possano annidarsi anche frange anarco-insurrezionaliste, pronte a sfruttare lo scenario internazionale per azioni dimostrative o destabilizzanti. Un’ipotesi che spiega l’attenzione dell’intelligence e il rafforzamento delle misure di sicurezza.

Quanto al processo nei confronti dei tre palestinesi, nei giorni scorsi la difesa ha respinto con decisione l’impianto accusatorio, sostenendo l’assenza di una reale connotazione terroristica e richiamando il diritto internazionale e il principio di autodeterminazione dei popoli. La sentenza è attesa a metà gennaio. Nel frattempo, fuori dal Palazzo di giustizia, sit-in e presidi accompagnano le udienze, mentre dentro si lavora in un clima di grande attenzione. Un’operazione di tutela preventiva, che racconta come anche una città lontana dai grandi teatri di crisi possa trovarsi, improvvisamente, al centro di equilibri molto più ampi, complessi e delicati.

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