Trasfusione infetta la Regione nega parte dell’indennizzo

Si tratta di una rivalutazione che nonostante una sentenza non viene ancora concessa a tutti gli aventi diritto

L'AQUILA. Un calvario iniziato anni fa, a causa di una trasfusione con sangue infetto. Da allora la vita di una paziente aquilana non è stata più la stessa: continui ricoveri in ospedali, esami specialistici, controlli periodici e una salute compromessa, tanto da richiedere un trapianto di fegato.

In tutto questo l’indifferenza della pubblica amministrazione, nel caso specifico della Regione, che non le ha concesso il pagamento della rivalutazione degli indennizzi, come da sentenza 293, emessa a novembre 2011 dalla Corte Costituzionale. A ricostruire la vicenda è la paziente trasfusa (di cui omettiamo il nome), affetta da Hcv (epatite C).

«Ho contratto il virus», spiega, «a causa di un’emotrasfusione e, in base alla legge 210, sono titolare pertanto di un indennizzo erogato dalla Regione Abruzzo in rate bimestrali. Somme che non sono mai state rivalutate per intero, ma nella sola misura del 5 per cento. E questo nonostante la sentenza della Corte costituzionale, emessa a novembre 2011, che ha stabilito la rivalutazione dell’intera somma dell'indennizzo, a partire da gennaio 2012».

Una sentenza recepita dalle altre regioni, ma non in Abruzzo, pur a fronte di numerosi solleciti. «Un dirigente dell’assessorato di Pescara a cui mi sono rivolta», afferma la donna, «mi ha detto che la competenza è del ministero della Salute e che la Regione non ha fondi sufficienti per coprire l'intera somma. Ho scritto anche al presidente della Regione, Gianni Chiodi, ma non ho ottenuto risposta». Oltre al danno, la beffa. «La malattia da cui sono affetta, causata dall’emotrasfusione, mi ha creato negli anni effetti collaterali devastanti», incalza la donna. «Dovrò essere sottoposta a un trapianto di fegato, con la sola prospettiva di prolungare la mia vita di altri cinque anni. Questa è la sensibilità che la Regione dimostra nei confronti di malati che, come me, stanno vivendo un’odissea». Altro paradosso: la paziente affetta da Hcv ha fatto causa al ministero della Salute, che è stato condannato dal tribunale dell’Aquila al pagamento di tre anni di arretrati della rivalutazione dell’indennizzo. La sentenza è stata notificata a luglio 2011 al ministero, che ancora non provvede al pagamento di quanto dovuto. «Non sono più in grado di svolgere le normali attività», aggiunge la paziente. «Ho necessità di un aiuto in casa, che mi costa più dell’indennizzo percepito, oltre a visite specialistiche e medicine. Di tutto questo devo ringraziare il governo, che non ha garantito con i dovuti controlli l’idoneità del sangue trasfuso. Purtroppo la mia vita passa attraverso ospedali, analisi, Tac, in quanto il mio fegato, cirrotico, non riesce a filtrare il sangue. Un problema che mi ha causato anche emorragie interne. Come se non bastasse, la mia casa è stata distrutta dal terremoto. Ma tutto ciò non interessa alla Regione, né al ministero della Salute, che non rispetta persino le sentenze esecutive. La malattia da cui sono affetta», conclude la donna, «causa migliaia di morti ogni anno: è una vera e propria epidemia e nessuno ne parla. Tanti emotrasfusi portano avanti per anni delle battaglie legali e muoiono prima di riuscire a ottenere l’indennizzo che è stato stabilito dalla legge 210 del 1992».

Monica Pelliccione

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