Luca Bassini, DHL Trade Atlas 2025: analisi sul commercio globale

22 Settembre 2025

Nonostante dazi e tensioni geopolitiche, il commercio globale resta solido. Ecco i commenti di Luca Bassini sul DHL Trade Atlas 2025.

Luca Bassini: “Il commercio globale regge all’urto dei dazi e tensioni geopolitiche”. L’analisi del DHL Trade Atlas 2025.

Il commercio internazionale è influenzato dalle tensioni geopolitiche, da nuovi dazi protezionistici e anche da un’instabilità economica dovuta ai conflitti in corso. Nonostante tutte queste difficoltà, il commercio globale sta riuscendo a mantenersi resiliente.

Secondo l’ultimo report di DHL Trade Atlas 2025, che ha svolto un’analisi approfondita sull’evoluzione dei flussi commerciali a livello globale, e come commentato dal CFO di DHL Express, Luca Bassini: “Il report di DHL Trade Atlas 2025, pubblicato in collaborazione con la New York University Stern School of Business, offre un’analisi delle tendenze principali del commercio globale, considerando quasi 200 paesi e territori. L’analisi conferma, come, nonostante l’instabilità e le incertezze geopolitiche, ci sia una crescita del commercio globale che continua ad essere resiliente.”

DHL Trade Atlas 2025: il commercio globale si espande, anche in uno scenario geopolitico frammentato

Secondo quanto riportato dalle ultime proiezioni di DHL Trade Atlas 2025, i paesi che si distingueranno sia per rapidità sia per aumento di volume negli scambi commerciali internazionali tra il 2024 e il 2029 sono: il Vietnam, l’Indonesia, le Filippine e l’India,.

La Cina invece contribuirà al 12% dell’incremento complessivo e guiderà la crescita del commercio globale. Il paese sarà poi seguito dagli Stati Uniti e dall’India.

Infine, le maggiori espansioni per volume sono distribuite tra Asia, Nord America ed Europa, ma anche i mercati emergenti come l’Africa e l’America Latina otterranno buoni risultati soprattutto per quanto riguarda la velocità di crescita negli scambi.

I dati dell’Atlas smentiscono l’idea di un ritorno massiccio alla regionalizzazione dei flussi”, osserva Luca Bassini. “Nonostante l’attenzione riservata a nearshoring e accorciamento delle catene di fornitura, il commercio sta diventando, se possibile, ancora più globale”.

I numeri rivelano che nei primi tre trimestri del 2024, la distanza media percorsa dalle merci ha toccato un nuovo picco di 5.000 chilometri, mentre il peso del commercio intra-regionale è sceso a un minimo storico del 51%.

Una flessione negli scambi tra Stati Uniti e Cina non subisce cali

Il parziale rallentamento degli scambi tra i partner più stretti di Stati Uniti e Cina, già osservato nel biennio 2022-2023, sembra essersi stabilizzato nel 2024, senza nuovi cali significativi.

Eppure, la tanto discussa ipotesi di un disaccoppiamento tra le due superpotenze resta, per ora, lontana dalla realtà. Gli scambi diretti tra Washington e Pechino sono passati dal 3,5% del commercio globale nel 2016 al 2,6% nei primi nove mesi del 2024, ma gli Stati Uniti continuano a importare beni cinesi in quantità comparabili a quelle del resto del mondo.

A proposito, Luca Bassini afferma come “Stati Uniti e Cina, infatti, anche se hanno ridotto le quote di scambio commerciale, non hanno vissuto un momento di ‘disaccoppiamento’ significativo. Gli scambi tra i due paesi hanno visto una riduzione del volume dal 3,5% del commercio mondiale alla fine del 2016 al 2,6% nei primi nove mesi del 2024. Nonostante ciò, gli USA continuano le importazioni dalla Cina, con un volume di prodotti che è pari a quella del resto del mondo. Quindi, andando a considerare gli input cinesi nei prodotti che vengono importati da paesi terzi, rimane una dipendenza degli Stati Uniti dagli approvvigionamenti cinesi”.

Questa analisi sembra ridimensionare l’ipotesi di una forte polarizzazione commerciale, confermando invece una sorta di equilibrio flessibile dove le reti globali mantengono una rilevante interconnessione. Equilibri tra i due paesi che non potranno non risentire, già nella seconda metà dell’anno, della politica sui dazi che ha caratterizzato i primi mesi dell’amministrazione Trump.

Export italiano: segnali positivi nel primo semestre 2025

Nonostante l’andamento altalenante dei mercati e la volatilità dei prezzi energetici, l’export italiano ha registrato una crescita dell’1,3% verso i Paesi extra UE nel primo semestre del 2025. Se si esclude l’energia, il tasso sale al 2%. A certificarlo sono i dati Istat pubblicati il 29 luglio, che indicano un saldo commerciale positivo per 24,4 miliardi di euro.

Per quanto riguarda la composizione dell’export italiano. A giugno 2025, la crescita su base annua verso i Paesi extra UE è stata del 4,7%. In particolare, i beni di consumo non durevoli (+9,9%) e i beni intermedi (+5,8%) trainano le esportazioni. A livello geografico, Svizzera (+18,4%), Regno Unito (+8,1%) e Stati Uniti (+10,3%) si confermano tra i partner più dinamici.

L’Italia continua così a rivestire un ruolo di rilievo nel commercio globale, attualmente infatti (come rilevato dal DHL Trade Atlas 2025), mantiene il decimo posto per quanto riguarda il trade value con un volume di scambi pari a 1,3 trilioni di dollari nel 2024.

Anche se, ha aggiunto Luca Bassini, CFO di DHL Express: “Le misure tariffarie introdotte dall’Amministrazione Trump rischiano di penalizzare diversi comparti chiave del Made in Italy. Va ricordato che gli Stati Uniti rappresentano il terzo sbocco commerciale per le nostre esportazioni, con una quota pari al 10%, e costituiscono il primo mercato di riferimento per i macchinari industriali italiani, voce primaria dell’export nazionale che da sola incide per il 19% sul totale esportato.”

Al momento, l’export italiano risulta in buona salute, a confermarlo anche ulteriori dati di mercato che vedono l’Italia al 7° posto al mondo con un valore delle esportazioni pari a 668,6 miliardi di dollari e al 12° posto mondiale per le importazioni con un valore di 630 miliardi di dollari. Inoltre, le previsioni sottolineano come entro il 2029 il tasso di crescita stimato è dell’1,7% annuo con un incremento previsto nei prossimi quattro anni pari a 239 miliardi di dollari.