Abbattuta la filanda Giammaria

Sul terreno di via Monte Bolza sorgeranno due palazzi con 40 edifici. E i grillini minacciano denunce

PESCARA. Ieri, nel tardo pomeriggio, a poche ore dalla demolizione, a osservare i resti della antica filanda Giammaria, era rimasto solo un gatto, fuoriuscito, tra l’altro, da un altro rudere posto di fronte all’ex filanda. Insomma, da ieri, in via Monte Bolza - dietro al castello, omonimo della filanda, di via Rigopiano - il luogo dove nel secolo scorso avevano lavorato decine di operaie per la produzione di tessuti, non c’è più. Come previsto, è stato abbattuto.

E a seguire le operazioni, anche alcuni consiglieri comunali del Movimento 5 stelle, come la capogruppo Enrica Sabatini ed Erika Alessandrini, oltre a Mimmo Valente, presidente della sezione locale di Italia nostra, in aggiunta ad alcuni attivisti e residenti della zona. Ma l’impresa, la Saitem spa di Pescara, è andata avanti, e nel pomeriggio l’ex filanda era soltanto un cumulo di macerie. Sul terreno, nei prossimi mesi, hanno fatto sapere dal cantiere, sorgeranno due edifici, con una quarantina di appartamenti circa. Tutto era partito da un esposto di una residente del condominio di via Monte Bolza 13, Rosamaria Sepe, la quale aveva denunciato tempo fa che un muro pericolante del rudere della filanda, perpendicolare al giardino di casa sua, era in evidente pericolo di crollo. «Sono caduti spesso dei detriti e nello spazio non posso portarvi neanche mio figlio, che ha un anno, a giocarvi», disse un anno fa al Centro. Un rischio certificato anche dai vigili del fuoco. Ma la demolizione di ieri ha riacceso la polemica in città. Per lo storico, nonché ex presidente del consiglio comunale, Licio Di Biase, si tratta della «vittoria della città che non ha cognizione della propria stratificazione storico-culturale», mentre il Movimento 5 stelle ha annunciato che porterà il caso «nelle sedi opportune. Se verranno individuate delle omissioni da parte dell'amministrazione e se le nostre osservazioni verranno convalidate», ha reso noto la consigliera Erika Alessandrini, «chi ha distrutto una parte del patrimonio storico della città, causando un danno irreparabile, dovrà prendersene la piena e totale responsabilità». Per Marco Presutti, capogruppo del Pd in consiglio comunale, in riguardo all’ex opificio «è andato via il simbolo del lavoro femminile pescarese».

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