l'inchiesta

Appalti truccati, trenta ditte di Roma e Pescara nel mirino della procura

Un’indagine partita dai lampioni di Cepagatti scopre i legami con i grandi lavori della Capitale. Accordi tra le ditte per pilotare le assegnazioni, la procura chiede il processo per 30

PESCARA. Si parla anche degli appalti all’Ater di Roma e al ministero delle Infrastrutture nelle carte di un’inchiesta nata dai lampioni di Cepagatti, cresciuta fino ai lavori delle fogne dell’Aca di Pescara, delle case popolari dell’Ater di Chieti, di una scuola a Montesilvano e di un edificio dell’Esercito italiano, e adesso culminata con 30 imprenditori indagati. Un’indagine di provincia che è arrivata a scoprire un collegamento tra Pescara e la Capitale: stavolta, il grande nome è quello di Paolo Marziali, imprenditore romano di 53 anni che ha realizzato il polo natatorio di Ostia e già coinvolto nell’inchiesta della procura di Roma a seguito delle dichiarazioni dell’imprenditore Francesco Piscitelli sulla presunta “cricca” della Protezione civile. A raccontare il «sistema delle cordate» e a tirare in ballo Marziali e gli altri è stato Claudio D’Alessandro, imprenditore aquilano di 46 anni arrestato il 4 dicembre 2012 nel primo filone dell’inchiesta sul cantiere di Cepagatti. Da accusato, D’Alessandro è diventato accusatore collaborando con gli inquirenti attraverso 5 confessioni fiume e raccontando di aver pagato non soltanto 170 mila euro di tangenti ma anche di aver raccolto e smistato le mazzette di altri imprenditori. E adesso i 30 imprenditori, in maggioranza di Roma ma anche di Pescara, Chieti e Avezzano, sono accusati del reato di turbata libertà degli incanti: per gli inquirenti, «sporadicamente o a rotazione», si mettevano d’accordo per pilotare le gare. La procura ne ha chiesto il rinvio a giudizio e, per il 17 novembre prossimo, è fissata l’udienza preliminare davanti al giudice Gianluca Sarandrea.

Secondo gli investigatori della forestale, coordinati dalla pm Annarita Mantini, le ditte partecipavano alle gare d’appalto degli enti pubblici ma si mettevano d’accordo sui ribassi d’asta da presentare in modo da «orientare» l’aggiudicazione dei lavori. Un sistema collaudato fondato su un patto di collaborazione reciproca tra «imprenditori amici».

In un interrogatorio, D’Alessandro ha spiegato così il concetto: «Quando capita, cioè uno chiede il favore alla ditta dice dammi una mano, gli dice il ribasso e ti aiuta e ti mette il ribasso». E ancora: «Cioè io ne conosco diverse di ditte, chiedo il piacere essendo che sto senza lavoro se mi dà una mano con il ribasso a prendere il lavoro».

Secondo gli atti, gli imprenditori «costantemente attivi» insieme a D’Alessandro sono tre: Marziali, il costruttore e immobiliarista Maurizio Luciani, 68 anni, tra i realizzatori del Villaggio del Mediterraneo di Chieti, e Augusto D’Ovidio, altro imprenditore di Roma, 43 anni, ritenuto il punto di riferimento di 6 società.

Un asse Pescara-Roma: per gli inquirenti, l’ipotesi è che «D’Alessandro prestasse le sue società ad altri imprenditori, particolarmente attivi nelle gare d’appalto bandite nel Lazio, per agevolarli nell’aggiudicazione di gare d’appalto di loro interesse». E tra queste ci sono anche i lavori per l’Ater di Roma e il ministero delle Infrastrutture, caserme ad Ascoli Piceno e ad Ancona, manutenzione delle fogne di Pescara, la riqualificazione della strada dei Grandi alberghi a Montesilvano (via Maresca). Un’ipotesi che, per forestale e procura, diventa «certezza» in base ai documenti trovati nei computer degli indagati: «D’Alessandro, nei plurimi interrogatori resi davanti al pm e alla pg confermava l’esistenza di tale sistema di turbativa di gara ovvero, fare invitare dal rup di turno le ditte da lui segnalate per poi concordare con le stesse il ribasso». In un file che gli inquirenti definiscono «emblematico» c’è una colonna con scritto «per»: «(nel senso per chi partecipiamo?) accanto al nome del committente della gara».

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