Banditi entrano in casa, giovane picchiato 

Pratola: imprenditore e la moglie minacciati con le armi da 5 malviventi e costretti ad aprire la cassaforte. Botte al figlio

PRATOLA PELIGNA. Una notte di terrore, con cinque banditi in casa e le pistole puntate in faccia. Oltre un’ora sotto sequestro dei rapinatori. Protagonista una tranquilla famiglia di un noto imprenditore di Pratola Peligna, Edoardo D’Andrea, 77 anni, detto Mastruccio, che si trovava nella sua villetta insieme alla moglie e al figlio minore. L’uomo ha raccontato di aver vissuto l’esperienza più drammatica della sua vita. «Erano mascherati e disposti a tutto, cercavano i soldi e l’oro», ha raccontato l’uomo ai carabinieri, «siamo stati legati e quando ho visto che hanno picchiato Eusebio, per mettere fine a quell’incubo, sono stato io stesso a indicargli dov’era la cassaforte e ad aprirla. Hanno preso tutto il denaro e sono andati via». La rapina è avvenuta tra giovedì e venerdì in una villetta di Pratola Peligna. Un’abitazione protetta da una recinzione, a fianco del capannone-magazzino dell’impresa di famiglia.
L’INCURSIONE DEI BANDITI
Erano da poco passate le 3 quando i banditi sono arrivati davanti al cancello della villa che si trova in una strada secondaria, tra il cimitero di Pratola Peligna e il gruppo di case che conduce sulla statale 5, a pochi minuti dal casello dell’autostrada A/25. Hanno trovato la strada subito spianata, i banditi: il cancello era aperto (perché rotto, come raccontato dalla famiglia) e il portone di casa è stato aperto con la chiave nascosta sotto allo zerbino. Una volta dentro l’abitazione, con il volto coperto dai passamontagna, i cinque sono andati dritti verso le camere buttando giù dal letto prima il figlio e poi l’imprenditore e la moglie. Sotto la minaccia delle pistole, li hanno legati con una corda e hanno iniziato a girare per le stanze della villa alla ricerca di denaro e preziosi da portare via. «Si muovevano con estrema disinvoltura, quasi conoscessero bene come era fatta la casa», ha raccontato il figlio, «parlavano bene l’italiano, ma il loro accento era chiaramente straniero. E quando ho cercato di farli desistere dicendo che non avevamo soldi in casa, uno di loro mi ha colpito con due pugni». Temendo che dopo le botte potessero anche usare le pistole, il padrone di casa ha indicato il luogo dove teneva la cassaforte. In pochi secondi i malviventi hanno arraffato tutto il contenuto del forziere: denaro e preziosi, lasciando solo documenti e carte che per loro non avevano alcun valore. Poi sono scappati via. Ad aspettarli fuori un complice con l’auto pronta per dileguarsi nel buio della notte. Ancora sotto choc, il figlio ha telefonato ai carabinieri che in pochi minuti sono arrivati sul posto. Immediato è scattato l’allarme con decine di posti di blocco che sono stati attivati negli incroci della vallata e all’ingresso dell’A25.
PARLA IL FIGLIO OSCAR
La notizia ha fatto subito il giro degli altri parenti e gli altri due figli maschi che vivono a Sulmona e a Campo di Giove, (l’altra figlia femmina vive a Roma) sono accorsi immediatamente a casa dai genitori. Soprattutto per tranquillizzare l’anziana madre. «Non è stata una bella cosa essere buttati giù dal letto alle tre di notte, minacciati con le pistole», ha raccontato il figlio Oscar parlando a nome di tutta la famiglia, «la nostra è una famiglia umile e tranquilla, non abbiamo nulla da nascondere o da temere. Il cancello era addirittura aperto perché rotto, ma non ci siamo mai preoccupati perché il nostro è un paese tranquillo. Sia i miei genitori che mio fratello sono rimasti molto scossi dalla brutta avventura che hanno vissuto. Erano armati e incappucciati e quando sono entrati hanno chiesto subito i soldi. Hanno detto di essere dei poliziotti e molto probabilmente hanno anche spruzzato dello spray verso i miei perché si sono ritrovati con la bocca impastata e con il mal di testa».
LE INDAGINI
Dopo il primo sopralluogo effettuato nella villetta, i carabinieri della compagnia di Sulmona i sono messi al lavoro per cercare di risalire all’identità dei malviventi partendo da alcuni punti fermi: la rapina sembra presentare delle analogie con la rapina messa a segno a Montesilvano, lo scorso 25 gennaio, a danno dell’imprenditore Saturnino De Cecco, re della pasta. Si tratta di persone straniere, molto probabilmente di origine albanese, come confermato ai carabinieri dallo stesso imprenditore, che conosce bene come parlano l’italiano gli albanesi, dato che nella sua impresa ne ha assunti parecchi. Sicuramente i banditi hanno potuto contare su un basista, alla luce del fatto che conoscevano benissimo gli ambienti della villa. Si sta ovviamente esaminando con attenzione il racconto fatto dalla famiglia.
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