Barusso, stangata sull'ente

Testa: stop agli investimenti per pagare l'ex manager

PESCARA. La giunta provinciale dovrà utilizzare quasi tutto l'avanzo di amministrazione per pagare Edoardo Barusso, l'ex direttore generale che non ha lavorato nemmeno un giorno all'interno dell'ente. Su 2 milioni di euro, accantonati in bilancio per effettuare nuovi investimenti, 1,5 dovranno essere spesi per risarcire il manager triestino, assunto nel maggio del 2000 dall'allora presidente Giuseppe De Dominicis e licenziato un mese dopo, cioè poco prima del suo insediamento.

Il dirottamento dei fondi penalizzerà diversi settori, come cultura, turismo, lavori pubblici e persino l'edilizia scolastica, che è in attesa da tempo di risorse finanziare per far decollare progetti importanti. In ballo c'è anche la costruzione dell'alberghiero, cui la giunta comunque non intende rinunciare.  Ieri, il presidente della Provincia Guerino Testa non ha nascosto le sue preoccupazioni per la batosta arrivata con la sentenza della Corte d'Appello che condanna l'ente a pagare a Barusso. I giudici dell'Aquila hanno riformato solo parzialmente il giudizio del tribunale di Pescara, decurtando solo alcune mensilità e compensando le spese legali.

Così la somma da versare è scesa di 200mila euro, rispetto a 1,7 milioni di euro stabiliti con la sentenza di primo grado. Testa ha confermato che la battaglia legale andrà avanti fino alla Cassazione, ma nel frattempo l'amministrazione dovrà pagare i pasticci causati dalla precedente giunta.  «Si tratta», ha affermato il presidente, «di un fardello pesantissimo, da qui in poi i nostri passaggi saranno condizionati da questa vicenda». Vicenda che, secondo il presidente del consiglio provinciale Giorgio De Luca, rischia di finire davanti alla Corte dei conti.

De Luca, all'epoca consigliere di centrosinistra, ricorda con esattezza cosa accadde nel 2000. «Gridammo allo scandalo per quel contratto d'oro offerto a Barusso», ha rivelato, «ci furono anche dei litigi nella giunta, perché sembrava che dovesse arrivare il Maradona dei manager pubblici. Fu chiamato perché era molto vicino a D'Alema».

L'ex direttore generale, assunto per cinque anni, avrebbe dovuto ricevere un trattamento economico fisso, pari a 300 milioni di vecchie lire (circa 150mila euro) all'anno; un compenso dell'uno per cento della spesa complessiva sostenuta per il personale, per lo svolgimento di attività di formazione; il rimborso di tutte le spese di qualunque natura; l'appartamento arredato con tutte le utenze a carico della Provincia, telefono cellulare, pc portatile a carico della Provincia e ogni altra risorsa ritenuta idonea per lo svolgimento delle sue funzioni; un compenso del 20 per cento per le sponsorizzazioni, altri compensi per la presidenza del nucleo di valutazione, per la commissione concorsi e un'ulteriore indennità in caso di copertura di posizione dirigenziale. Barusso non avrebbe avuto vincoli di orari e sarebbe stato dispensato dal servizio per una settimana al mese.

A conclusione del rapporto di lavoro, gli sarebbe spettata una mensilità per ciascun anno. Ma subito dopo la firma del contratto si scatenò una bufera politica. La Provincia propose a Barusso una riduzione dei compensi, ma lui rifiutò. «La scusa per uscire da questa situazione», ha fatto notare De Luca, «arrivò con alcuni articoli del quotidiano Il Piccolo di Trieste, in cui veniva riportata la notizia di un avviso di garanzia a Barusso». Nel giugno del 2000, l'ex giunta revocò il contratto e l'ex manager fece ricorso in tribunale.

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