Casamonica, blitz a Pescara per rubare le rom più belle

Ecco gli intrecci del clan di Roma in città: matrimoni con le ragazze di Rancitelli senza invadere gli affari dei Ciarelli e Spinelli. Ma spunta una casa sequestrata

PESCARA. Era soltanto un ragazzo quando si trasferì a Pescara. Una manciata di mesi passata in città, nei primi anni Settanta, senza lasciare un segno. Pescara fu una terra di mezzo per Vittorio Casamonica, il boss dei rom di Roma morto a 65 anni lo scorso 19 agosto per una malattia e osannato nelle vie della Capitale con un funerale show: quello pescarese fu quasi un passaggio obbligato, dal paese a Roma. Sì perché Casamonica nacque a Venafro, il 21 febbraio del 1950 e lì rimase fino a 19 anni: i familiari avevano già preso la via di Roma, mentre lui rimase a vivere in casa con i nonni paterni, Fiocco Spada e Cristina Di Silvio. Il padre di Vittorio si chiamava Guerino Casamonica ed era di Roseto degli Abruzzi, la mamma Virgilia Spada di Venafro, nati entrambi nel 1904. Poi, una scalata fino a quel manifesto funebre firmato dai nipoti e appeso davanti alla chiesa Don Bosco di Roma che racconta di un’ascesa senza rivali: «Hai conquistato Roma, ora conquista il paradiso».

Spose di Pescara. Da Venafro a Pescara fino a Roma, nella zona di via Rocca della Bernarda. C’è un filo che lega il capo dei rom romani alla nostra città ed è un filo d’amore con le zingare pescaresi scelte per la propria bellezza e poi portate a Roma. Se nelle carte delle indagini su estorsioni, usura e spaccio di droga il cognome ingombrante dei Casamonica spunta fuori soprattutto nel Teramano (e non una volta sola), a Pescara, i Casamonica si associano ai matrimoni e non agli affari illeciti. I Casamonica vennero in città, soprattutto in passato, per trovare le proprie donne fino ai matrimoni con le Spinelli. Quasi dei blitz per portarsi via le più belle. Ma, al di là di quei rapporti di parentela, i Casamonica si tennero alla larga e non vollero invadere il territorio pescarese, in mano agli Spinelli e ai Ciarelli. Chi li conosce racconta che i «Casamonica sono miliardari con i soldi e con la testa»: vuol dire che mettersi in concorrenza con le famiglie rom pescaresi per un mercato considerato troppo piccolo e poco redditizio se paragonato con quello di Roma, fu sempre visto come un’inutile perdita di tempo capace solo di provocare danni e non guadagni.

Boss a processo per la casa. Però, le parentele possono evolvere: casi sporadici raccontano che qualcuno della famiglia provò a fare affari, quasi delle occasioni, soprattutto con gli immobili. E la storia di una casa è al centro di un processo risalente al 2003, al tribunale di Teramo, che interessò proprio Vittorio Casamonica, imputato per i reati di usura ed estorsione. Un caso giudiziario che non scalfì il capo dei rom, uno abituato a non sporcarsi le mani in cima a un’organizzazione piramidale: secondo le accuse, nel 1997, Casamonica e un’altra rom di Roma avrebbero ottenuto da due donne di Villa Rosa di Martinsicuro interessi del 360% annuo per un prestito di 12 milioni di lire da utilizzare come caparra per l’acquisto di un appartamento. Sempre secondo le accuse, i rom avrebbero minacciato le due donne di incendiare la loro casa e uccidere il figlio di una, per ottenere il possesso di un altro appartamento delle due donne. La procura chiese la condanna a 4 anni per Casamonica e per l’altra rom, ma il tribunale derubricò l’imputazione di estorsione in esercizio arbitrario delle proprie ragioni (considerata non perseguibile per difetto di querela) mentre, per l’altra accusa di usura, arrivò l’assoluzione perché il fatto non sussiste. Una bolla di sapone che decretò la vittoria di Casamonica.

Casa a Montesilvano. Nel 2004, una persona legata al clan dei Casamonica fu denunciata, per un’operazione finanziaria bollata come trasferimento fraudolento di valori. I carabinieri, al termine di un’indagine patrimoniale, sequestrarono un appartamento sulla riviera di Montesilvano: per i carabinieri di Teramo, quell’immobile fu comprato da un pregiudicato romano senza reddito che poi lo intestò a un amico incensurato per eludere indagini e sequestri.

Sequestri bis. Stesso copione si ripresentò nel 2005 quando un’operazione della Dia di Roma sfociò in 12 arresti con il sequestro di 4 case, 3 cantine e 19 auto. Uno degli appartamenti sequestrati, considerato acquistato con i proventi dell’usura, si trovava a Villa Rosa ed era usato da componenti della famiglia Casamonica imparentati con i rom locali.

Droga. È del 2010 un’altra indagine che documenta un legame tra i Casamonica e l’Abruzzo: stavolta, si parla di droga tra Rieti e Avezzano. Sotto accusa finirono 4 Morelli di Avezzano, famiglia il cui ceppo d’origine è legato ai Casamonica. Nel 2014 un’altra operazione antidroga tra Frosinone e la Marsica portò a 20 misure interdittive, compreso un referente della famiglia Di Silvio, legato al clan Casamonica per averne sposato una nipote.

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