Castelli: «In Abruzzo ora vanno riaperti i cantieri post-sisma»

Il commissario: il Superbonus 110% ha frenato i lavori, molte imprese sono prima andate via e poi sono tornate
Dal 3 gennaio di quest’anno ricopre il ruolo di commissario straordinario di Governo ai fini della ricostruzione nei territori dei comuni di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dal terremoto del 24 agosto 2016. La ricostruzione, il superbonus 110%, il rischio spopolamento, le lungaggini burocratiche sono alcuni dei temi affrontati in questa intervista al Centro in cui si parla di Abruzzo e di prospettive di rinascita di un territorio ferito, colpito al cuore, ma che vuole risollevarsi a ogni costo.
Commissario Castelli, lei ha ereditato da Giovanni Legnini una funzione basilare nell’ottica della ricostruzione post-sisma. Quando lei è stato nominato o si è sollevata un’ondata di sostegno al suo predecessore. Non tanto per mancanza di fiducia nei suoi confronti, ma per stima nei confronti di Legnini. Come ha affrontato la diffidenza nei suoi confronti? Che situazione ha trovato?
Ovviamente, l’ho affrontata con grande senso di responsabilità perché avevo per due anni cooperato attivamente nella cabina di coordinamento sisma in qualità di assessore alla ricostruzione della Regione Marche. Precedentemente ero stato anche sindaco e non difettavo di conoscenza del sistema. Non ci sono state decelerazioni o soluzioni di continuità nella gestione della struttura commissariale. Ho trovato una situazione complessa nella quale era stato svolto un lavoro di tipo normativo importante negli anni guidati da Giovanni Legnini.
Cosa è cambiato in sostanza?
Io mi sono subito affacciato in una dimensione in cui occorre passare dalle norme ai cantieri. Quindi sfidare le questioni attuative che come sappiamo dalla cronaca recente sono le vere questioni che affliggono l’Italia, in sostanza la capacità di spesa. Quindi fare in modo che le risorse attribuite e disponibili possano trasformarsi in liquidazione di spesa e completare i processi di ricostruzione. Il debutto in questo senso è stato reso più complesso perché si è accompagnato all’attivazione della nuova piattaforma della ricostruzione privata, che è stata attivata tre giorni prima della mia nomina e ha creato qualche disservizio con inevitabile impatto sulle abitudini dei fruitori. La piattaforma Fintecna ha cambiato molte cose.
Insomma, un debutto non proprio agevole, ci sembra di capire.
Un debutto contraddistinto da tre questioni: 1) la piattaforma e la necessità di compattare il mondo delle categorie professionali e non produrre rallentamenti di tipo informatico; 2) il decreto sisma, il DL 3 che ha definito e rafforzato le funzioni del commissario e ci ha consentito di dare un serie di risposte a questioni da tempo inevase 3) il 110%, perché nella prima stesura del decreto, la limitazione alla cessione del credito di imposta non era consentita nel Cratere e noi ci siamo battuti per inserirla.
I territori del centro Italia colpiti da due catastrofici terremoti si stanno pian piano risollevando. Quando si passerà seriamente dalla fase dell’intervento di emergenza a una concreta attività di prevenzione?
Due le risposte. Una che riguarda noi del 2016: stiamo rafforzando il nostro patrimonio edilizio con un adeguamento sismico. A me piace ricordare che ogni ricostruzione ha lo scopo di ricostruire meglio, garantendo che il patrimonio edilizio possa contenere gli effetti della prossima scossa, che ci sarà. Non sappiamo quando, ma succederà. La preparazione alla prossima scossa è anche il miglioramento del nostro patrimonio edilizio rispetto alla vulnerabilità sismica.
A proposito di Superbonus, prorogato per i territori del cratere: come si fa a incrociare i meccanismi per il superbonus 110% e per il sisma bonus che attualmente viaggiano separati?
Con il 110, in realtà, stiamo facendo prevenzione e per l’Italia il problema è sul tappeto. So che il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, sta lavorando per un intervento più organico, il problema è reale. Oggi, per tornare alla sua domanda precedente, si tende a fare prevenzione come reazione. Come Ingv stiamo facendo uno studio sulle faglie attive e capaci, ovvero quelle idonee a produrre effetti lesivi, a spaccare le superfici della terra. Con Ingv e Cnr siamo in grado di conoscere tutte le venature e questo ci porta a dire dove non possiamo ricostruire. Stiamo proponendo al ministro le buone prassi.
Quanto tempo ci vorrà ancora per restituire ai comuni dell’entroterra una normalità di vita?
Il Cratere è molto variegato, ci sono situazioni differenziate: in alcuni casi la ricostruzione lieve è partita e non ci sono fenomeni di difficoltà, ma ordinari. Il problema è la logistica delle gru che tolgono spazio ai parcheggi. In alcune zone si è tornati quasi alla normalità. Fare pronostici temporali è sconsigliato perché la ricostruzione è una sorta di creatura viva: quando pensi di aver dato le giuste risorse ecco che succede qualcosa che fa rivedere i pronostici. Il 110% ha reso complesso il regime di concorrenza, perché tutte le ditte che lavoravano al sisma si sono buttate sul 110, più remunerativo, e abbiamo assistito a un rallentamento della ricostruzione post-sisma. Con gli incagli del 2022 le ditte poi si sono riversate nuovamente sul sisma, ma nel frattempo erano più fragili a causa del 110. Poi il caro prezzi ha fatto lievitare i costi della ricostruzione e abbiamo dovuto rincorrere la situazione con un’ordinanza per l’aggiornamento dei prezzi. Si è creato un rallentamento.
Ora la situazione è più chiara oppure no?
Il quadro è questo: quando sei certo che tutto fila liscio le cose cambiano. Molti cantieri potrebbero partire, ma siccome molte lavorazioni sono riconosciute dal 110 e non dal Decreto sisma, non si trovano le banche per la cessione del credito di imposta. L’ultima impasse è questa: i cantieri sono pronti, le imprese sono poche e quelle disponibili non possono godere della cessione del credito di imposta.
Quando ci fu il terremoto dell’Aquila l’allora capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, fu dotato di poteri speciali per affrontare l’emergenza. Poi le leggi hanno depotenziato la Protezione civile e condizionato i poteri al vaglio di altre istituzioni. Crede che sia la strada giusta oppure in casi straordinari la capacità gestionale debba prevalere sulla filiera burocratica?
In un mondo ideale i commissariamenti non dovrebbero servire, ma così non è. Sarebbe utile privilegiare l’approccio gestionale e risolutivo, ma dipende da molti fattori. I commissariamenti sono necessari quando un evento calamitoso riguarda più regioni e ha effetti devastanti. È lì che la straordinarietà si giustifica, ma quando i terremoti sono di effetto contenuto e infraregionale, abbiamo i meccanismi adatti.
Uno dei temi seri da affrontare è lo spopolamento. Molti spazi sociali sono andati perduti, l’essenza stessa della dimensione della comunità rischia di disperdersi. Come si fa a convincere i residenti a non lasciare la propria terra?
La premessa per contrastare lo spopolamento è che vi siano politiche nazionali che riguardano l’intero Paese come miglioramento demografico. Poi dobbiamo ricostruire le comunità garantendo sicurezza: del patrimonio edilizio, dei servizi; e poi la sanità, per noi molto importante, e più in generale vogliamo cercare di esaltare le migliori qualità della vita dell’entroterra. La lezione del Covid è stata inequivoca. Abbiamo assistito a una riscoperta di spazi aperti e realtà più piccole, ma dobbiamo garantire lavoro. Di qui Next Appennino.
A proposito di questo, ci spiega esattamente la funzione del programma per il rilancio economico e sociale Next Appennino?
Mette a disposizione opportunità economiche come grandi e piccoli investimenti, start up, impresa creativa. Deve esplicitarsi in una strategia unitaria e coordinata, con una programmazione che renda possibile il coinvolgimento dell’imprenditoria privata. A fronte di 615 milioni di stimoli economici abbiamo ricevuto richieste per un miliardo e mezzo. Sono rimasto molto colpito. Questo significa che esiste vita nel Cratere e la narrativa, secondo cui non vi siano occasioni di sviluppo e vitalità dell’imprenditoria, è smentita dai fatti. Se è vero che andiamo incontro al cambiamento climatico verrà il tempo in cui vivere dove è più fresco e meno afoso potrebbe essere un incentivo a restare o a tornare nell’entroterra.
Teramo è la città più grande tra quelle colpite dal sisma, qual è la situazione degli appalti pubblici? Il tema delle case popolari nella provincia è tra i più attesi. Quali i tempi di realizzazione?
Nella ricostruzione degli alloggi popolari Ater abbiamo introdotto ordinanze, abbiamo incontrato difficoltà, ma ora la situazione è migliorata. Molti avevano perso il diritto al contributi di autonoma sistemazione (Cas), dopo il debutto della piattaforma informatica, ma c’era stata difficoltà in maniera massiva e c’è stato un discreto rischio di decadenza dal Cas. Positivo il contributo dell’ufficio speciale della ricostruzione. A Teramo significativa la ricostruzione delle chiese in cui la Diocesi si è particolarmente distinta.
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