Cup, la beffa della cassa automatica

Si può pagare il ticket alla macchinetta, ma solo dopo una fila di due ore

PESCARA. Un’ora e mezza se va bene, oltre due se va male: è il tempo medio di attesa al Cup di Pescara Nord. Una fila che non si può proprio evitare. Perché per pagare il ticket ci sarebbe una cassa automatica. Ma per usarla serve un codice. Che si ottiene dopo aver fatto la fila.
Quella della cassa automatica è solo l’ultima beffa per chi ha bisogno di prenotare visite o semplicemente pagare il ticket perché ha prenotato telefonicamente.
A raccontarla è Manuela Panzini, che è rimasta vittima della cassa automatica proprio ieri mattina: «Ho prenotato una visita ortopedica l’8 febbraio e me l’hanno data il 5 marzo. E già non è bello, visto che avevo un trauma da incidente. Sono venuta venti minuti prima per pagare il ticket, pensando di poterlo fare alla cassa automatica. E invece niente. Per usarla devi avere un codice che ti danno solo allo sportello. Ma a quel punto tanto vale pagare direttamente lì, no? A che serve questa cassa?».

Il mistero della cassa automatica denunciato dalla signora Panzini, uscita dal Cup solo alle 12,24 dopo esserci entrata alle 10,40, non riesce a spiegarlo neppure la nuova dirigente del distretto Pescara Nord, Lucia Romandini: «In effetti funziona con un codice a barre. Che però non è quello che viene dato prenotando per telefono», si rammarica.
E così si ritorna al punto di partenza: l’inevitabile e inesorabile fila allo sportello, che ieri mattina oscillava tra l’ora e mezza e le due ore.

Alle 9,30, il numero preso alla macchinetta dal signor Antonio Rapposelli era l’83. Un’ora più tardi, il signor Antonio era ancora nella sala d’aspetto e il tabellone era fermo sul 74. Sempre meglio della scorsa settimana, quando le file erano chilometriche. «E’ dal 22 febbraio che cerco di prenotare una visita» racconta amareggiata Barbara Gerardi «sono già venuta due volte».
Su una delle sedie della sala d’attesa, insufficienti per un numero così alto di persone tanto che ci sono sempre una decina di pazienti in piedi, c’è Bianca Ricci, 80 anni: è arrivata alle 9,40, ha preso il numero 87 e si è seduta ad aspettare «tanto» sorride «noi anziani non abbiamo molto da fare». Due ore più tardi la signora è ancora lì. Riesce a uscire alle 11,55.

Daniela Orlandi, insegnante, si è premunita e si è portata dietro uno dei gialli di Stieg Larson, 600 pagine minimo, per ingannare l’attesa: «Mi avevano detto che si aspettava molto, quindi sono venuta due ore prima per pagare il ticket. Ho dovuto prendere un giorno di permesso a scuola. E poi in questo momento funziona uno sportello solo». Anche Michele Di Mario, impiegato, ha dovuto prendere un giorno di ferie per il Cup.

Anche Natalia Vorobyova, russa trapiantata a Pescara, ha problemi con il lavoro: «E poi le porte automatiche della sala d’attesa si aprono in continuazione, anche se non entra o esce nessuno».
«Il problema» sostiene Angela Greco «è che c’è poco personale. Poi dicono che si deve fare prevenzione, ma se io devo perdere tutto questo tempo per prenotare, aspettare per le analisi e poi ancora per i risultati, mi spiega la prevenzione come si fa?».

«Oggi va anche meglio degli altri giorni» racconta Lucia Di Bello, «è il quinto giorno consecutivo che provo a fare la fila: gli altri giorni alle 9,50 prendevo numeri sopra il 130, oggi sono stata fortunata, ho l’86».
In confronto al Cup di Pescara Nord, anche le file alle Poste, per anni bestia nera di tutte le attese nell’immaginario collettivo, ormai sembrano una passeggiata. Nel pomeriggio di ieri entrando alle 15,48 allo sportello di via Carducci si riusciva a uscire alle 16,10. Ventidue minuti per cinque bollette.

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