"D'Alfonso, non ci sarà prescrizione"

Il tribunale: "Sì ai 600 testimoni, ma il processo avrà ritmi serrati"

PESCARA. Sfoderate pure le vostre armi, scendete in campo e combattete: il terreno di battaglia è vostro, ma niente colpi bassi e stop ai pagnistei. Antonella Di Carlo, presidente del collegio del tribunale chiamato a giudicare l'ex sindaco Luciano D'Alfonso nel processo sulle presunte tangenti al Comune di Pescara, gioca a carte scoperte: non mette paletti all'abnorme numero richiesto dalle parti di testimoni e imputati chiamati a deporre, su tutti D'Alfonso e il suo ex braccio destro Guido Dezio; ma allo stesso tempo rigetta le eccezioni preliminari e rintuzza i tentativi della difesa di allungare i tempi per studiare quali atti tra i faldoni del pm non siano producibili in dibattimento.

LA PRESCRIZIONE.
Soprattutto, fa capire subito che il processo all'ex segretario regionale del Pd e agli altri 23 imputati sarà portato a termine, con udienze ogni lunedì, alla faccia dei processi brevi e delle prescrizioni che cominceranno a cancellare già dalla fine di quest'anno i reati più lievi.

«Questo processo non si prescriverà mai», annuncia con riferimento al primo grado, «il tribunale dev'essere incalzante». Parole decise, pronunciate al termine di un'udienza di sei ore, tra interruzioni e discussioni, e al culmine di un aspro botta e risposta con la difesa di D'Alfonso sul solito argomento: il calendario delle udienze.

«Sono stato incaricato dal mio cliente come difensore di fiducia e non posso mandare un sostituto per un processo di questa delicatezza», fa presente Milia, che sottolinea l'impossibilità di seguire le udienze fissate il 16 e 23 maggio per impegni fuori Pescara. «Non possiamo andare alle calende greche, è stato preparato un calendario apposta per questo processo e noi giudici abbiamo rinunciato a seguire le udienze al moncratico», è la replica della Di Carlo.

Medoro Pilotti Aielli, che difende Guido Dezio insieme a Marco Spagnuolo, fa presente la stretta forbice tra le udienze; Augusto La Morgia, che assiste Carlo Toto insieme al professor Franco Coppi, ventila la possibilità di rinunciare al mandato («abbiamo processi fuori foro, scadenze nel civile, pochi giorni per esaminare i verbali»).

Non basta, non serve. La Di Carlo concede solo che il 16 maggio si cominci alle ore 12. La volontà di fare il processo, e di farlo nel tempo più breve possibile, è assoluta e il presidente del collegio lo fa capire a chiare lettere nella prima vera udienza del processo (quella del 14 aprile era stata rinviata per lo sciopero degli avvocati), disertata da imputati e parti offese.

LE ECCEZIONI. E' la difesa di Dezio, poi appoggiata da quella di D'Alfonso, a proporre delle eccezioni di nullità: la prima relativa alla mancata notifica del decreto di convalida del sequestro della famosa lista Dezio trovata dalla Polpost, che era stata incaricata dalla procura di sequestrare documenti amministrativi della Margherita. E' il documento chiave, con l'indicazione di imprenditori e le cifre versate, tangenti secondo l'accusa. Era il 15 gennaio 2008. Senza notifica, incalza la difesa di Dezio, non è stato possibile ricorrere al riesame e gli atti successivi (avviso, richiesta di processo, rinvio a giudizio) sono inficiati da quel vizio di partenza. Ma Varone produce l'atto di notifica, datato 18 gennaio 2008, consegnato a uno dei difensori e nelle mani dello stesso Dezio («c'è la sua firma grossa così» precisa la Di Carlo), e chiude la partita prima ancora che il tribunale si riunisca per mezz'ora in camera di consiglio. Tanto basta al resto dei difensori, che si erano associati alle richieste, per non insistere oltre.

Finisce male anche il tentativo di proporre la nullità del decreto di rinvio a giudizio «per indeterminatezza e genericità delle imputazioni» contestate a Dezio. «Si è cercato un colpevole e poi si è cercato il fatto», sostiene la difesa, che produce anche una memoria di 30 pagine. Il tribunale (con la Di Carlo ci sono Nicola Colantonio e Paolo Di Geronimo) giudica l'eccezione «infondata perché la formulazione delle contestazioni censurate appare oltremodo esaustiva nei riferimenti oggettivi e spazio-temporali, così garantendo in maniera puntuale e precisa l'esplicazione del diritto di difesa». Le cui «doglianze», prosegue la Di Carlo, «attengono al merito delle imputazioni riservato alla trattazione e all'esito del dibattimento e non alla tecnica di redazione dei capi di imputazione». Un messaggio chiaro a concentrarsi sul processo, dove sfileranno qualcosa come 600 testimoni, più di 400 dei quali presentati dalle sole difese di D'Alfonso e Dezio.

I TESTIMONI.
La procura ne ha chiesti 73 e da cinque di questi - i proprietari del bar del tribunale e i vigili urbani che raccolsero per primi la segnalazione sulla presunta richiesta di tangenti da parte di Dezio - si partirà nella prossima udienza. Ma l'obiettivo della procura è di salire almeno a 10-15 testimoni a udienza. Varone ha chiesto di controesaminare anche 7 imputati: tra loro l'ex sindaco e il suo ex braccio destro. Il tribunale ammette tutti i mezzi di prova richiesti («nessuna censura», sottolinea la Di Carlo). Ma il processo seguirà un ritmo battente, e la presidente, nell'aspro confronto finale, lo ribadisce firmando la prima sentenza non scritta del dibattimento: «Questo tribunale non ha alcuno spazio per indugiare nella trattazione del processo».

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