«Donatella, no al processo se non si trova il cadavere»

Ecco come la procura ha motivato la richiesta di archiviazione dell’inchiesta Il padre chiede nuove indagini: pronto a incatenarmi, voglio giustizia
PESCARA. Senza cadavere, non sarà processo. Né ora né, quasi certamente, in un futuro prossimo. La procura mette nero su bianco quanto era nell’aria da tempo: la scomparsa di Donatella Grosso, uno dei misteri più inquietanti degli ultimi 20 anni a Pescara, non conoscerà aule di Corte d’Assise. Senza un corpo, sepolto chissà dove, sarà impossibile fare luce sulla fine della 30enne laureata in Lingue alla D’Annunzio.
La richiesta. Nella richiesta di archiviazione che ora arriverà sul tavolo del gip, il procuratore aggiunto Cristina Tedeschini sintetizza i risultati dell’inchiesta quater, quella che faticosamente Pescara ha tentato di rimettere in carreggiata dopo essersi arenata per anni a Chieti, e li considera insufficienti a sostenere l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere nei confronti dell’unico indagato, l’ex fidanzato della ragazza sparita la notte tra il 26 e il 27 luglio 1996, vista uscire dall’abitazione di via Monte Velino, a Francavilla, e allontanarsi a bordo dell’auto di lui in direzione Pescara.
Il padre. Veemente la reazione del padre di Donatella: «Mi rivolgerò al capo dello Stato, al ministro della Giustizia, al presidente del Csm, al nuovo procuratore; mi incatenerò davanti al Senato, davanti al tribunale di Pescara. Tornerò in televisione. Quando potrò avere giustizia?». Mario Grosso, docente di scuola in pensione, 80 anni, gli ultimi 16 spesi a rincorrere il fantasma della figlia sulle false indicazioni di visionari e avvoltoi di turno, convinto dai suoi legali – Vincenzo Di Girolamo di Pescara e Giacomo Frazzitta del foro di Marsala, lo stesso del caso Pipitone – ha rinunciato a presentare opposizione all’archiviazione sollecitata dal pm, facendo scadere i 10 giorni necessari per presentare la richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari.
Un éscamotage per non far conoscere alla controparte i nuovi elementi che secondo, la famiglia, potrebbero consentire la riapertura, l’ennesima, dell’inchiesta, già archiviata due volte dalla procura di Chieti e una terza da Pescara: intercettazioni, testimonianze, luoghi mai setacciati.
Lo sforzo. La Tedeschini dà atto dello «sforzo investigativo profuso» dalla Mobile: «La ricostruzione dei fatti accaduti nella notte tra il 26 e il 27 luglio 1996 è stata approfondita con ogni mezzo disponibile, ivi compreso un complesso incidente probatorio, coltivando ogni utile spunto investigativo; l’analisi della relazione tra Donatella Grosso e l’indagato è stata condotta con estrema cura, al fine di formulare credibili ipotesi relative al movente degli ipotizzati delitti; sono state nuovamente sentite persone informate sui fatti e disposte intercettazioni a “copertura” delle iniziative investigative palesi; si sono effettuate ricerche accurate nei luoghi ove in ipotesi avrebbe potuto essere occultato il cadavere della Grosso».
Il corpo. Ma tutto questo non è bastato. E non è bastato perché solo il corpo, o ciò che ne resta, avrebbe potuto far impennare l’indagine, rappresentando la svolta che avrebbe dato peso a una serie di elementi considerati suggestivi, ma insufficienti, da soli, a sostenere una richiesta di rinvio a giudizio.
Gli indizi. Ecco perché, secondo il pm, «i risultati acquisiti appaiono assolutamente inadeguati a un vaglio dibattimentale: sostanzialmente, a carico dell’indagato sono e restano le stesse circostanze ormai note da anni», e cioè che l’ex fidanzato è stato l’ultimo ad avere visto la Grosso, la notte tra il 26 e il 27 luglio 1996; che lo stesso ha mentito su questa circostanza; che lui aveva con la Grosso una relazione sentimentale deteriorata e comunque “squilibrata” per le eccessive e non condivise aspettative della donna».
Le parole del magistrato sono una pietra tombale sul futuro dell’inchiesta: «E’ assoluta convinzione di chi scrive che, in difetto di nuovi importanti eventi quali ad esempio il rinvenimento del corpo della Grosso, alla luce dei quali i risultati investigativi a oggi acquisiti ben potranno essere valorizzati, la presente vicenda processuale non possa avere alcun significativo ulteriore sviluppo; in particolare, non utili appaiono eventuali nuove escussioni di testi che comunque riferiscano sui fatti di quei giorni del 1996, ormai irrimediabilmente troppo lontani nella memoria e insuscettibili di offrire certezze».
Il teste. Il riferimento è a un amico dell’ex fidanzato, che anche in tv di recente ha ripetuto che l’allora 23enne aveva prospettato la volontà di “far fuori” la ragazza, avendo in piedi un’altra relazione.
Ma la pm va avanti: «Non utili appaiono ulteriori indagini sugli indumenti dissotterrati nel campo» dell’indagato (tra cui un foulard che il padre non ha riconosciuto con certezza), «indumenti che non vi è nessuna ragione di ritenere che possano essere riferibili alla Grosso». E ancora: «Non utili e, allo stato, nemmeno processualmente concedibili, nuove intercettazioni dirette a carpire improbabili confessioni e/o conversazioni compromettenti; non utili, sinteticamente, iniziative investigative dirette a ulteriormente “lavorare” fonti di prove già acquisite». Di qui, la richiesta di archiviare il procedimento, che il gip non potrà che accogliere. (g.p.c.)
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