Donatella, spunta una nuova testimone

Esame del Dna favorevole all'ex fidanzato. Una vicina rivela: fu picchiata prima di sparire
PESCARA. Come una luce fioca che s'accende e poi affonda nella nebbia, la verità sulla scomparsa di Donatella Grosso si allontana ancora, perdendosi tra i mille indizi che si rincorrono, appaiono spesso concordanti ma non vengono mai supportati da una prova che faccia da traino. Si rivela un buco nell'acqua, l'esame sulle tracce biologiche trovate su foglio, busta e francobollo dell'ultima lettera scritta dalla ragazza e imbucata quando lei era già scomparsa. L'incidente probatorio disposto dal gip Maria Michela Di Fine e affidato ai Ris di Roma spazza via ogni collegamento con l'ex fidanzato, oggi 38enne, indagato per omicidio volontario e occultamento di cadavere, facendo scivolare l'inchiesta verso la quarta archiviazione. La prova del Dna, alla quale l'uomo si è sottoposto volontariamente, ha stabilito che non sono sue le impronte digitali né la saliva sul francobollo della lettera spedita il 27 luglio 1996, una manciata di ore dopo la sparizione. Ma l'esito dell'esame non toglie forza e tenacia a Mario Grosso e alla moglie Tina, genitori di Donatella, che chiedono ora a gran voce che la procura convochi e interroghi testimoni vecchi e nuovi, amici della ragazza e anche le persone che hanno frequentato l'ex fidanzato: «Qualcuno non ha detto tutto, posso dimostrarlo», sfoga la sua rabbia il padre, trafitto da un dolore lungo 14 anni, frustrato da 400 mila chilometri percorsi in auto tra l'Italia e l'Europa dietro false piste, sulla scia di mitomani, a inseguire le illusioni seminate da pseudo investigatori e medium abili a prevedere solo il proprio compenso. I genitori di Donatella, supportati dall'avvocato Vincenzo Di Girolamo, si aggrappano a quanto già rilevato dallo stesso gip nell'ordinanza di ammissione dell'incidente probatorio, quando ha sottolineato «le numerose contraddizioni emerse nelle varie versioni fornite dall'ex fidanzato», che prima ha detto di avere incontrato per l'ultima volta Donatella il pomeriggio del 26 luglio 1996, poi, dopo la testimonianza di due vicine, ha ammesso di averla vista a tarda sera e di averla accompagnata in auto alla stazione di Pescara. Ma per i genitori meritano approfondimenti anche le minacce ricevute da Donatella e l'intenzione rivelata a un amico dall'ex fidanzato di fare sparire la 30enne romana. Nel fascicolo dell'inchiesta, in mano al procuratore aggiunto Cristian Tedeschini, è stata acquisita da poche settimane la testimonianza di una donna, vicina di casa della studentessa, secondo cui Donatella sarebbe stata picchiata dall'ex fidanzato pochi giorni prima della scomparsa. E' stata lei stessa a uscire allo scoperto, nessuno l'aveva mai sentita prima. La Mobile di Pescara continua a lavorare nell'ombra, seguendo una pista top secret. Ma l'inchiesta, che ha già usufruito di due proroghe, sta per arrivare al traguardo definitivo. Tra pochi mesi, la procura dovrà tirare una conclusione e pare improbabile che possa ritenere gli indizi confluiti nel fascicolo sufficienti a sostenere una richiesta di processo. Più gli anni trascorrono, più emerge con evidenza l'handicap dei mancati accertamenti iniziali: blande verifiche sull'allora fidanzato, all'epoca legato anche a un'altra donna; nessun controllo sull'auto, poi rottamata, sulla quale il giovane disse di avere condotto alla stazione di Pescara Donatella, che nessunò confermò di avere visto; scarsissimo peso dato alle prime testimonianze, che parlavano di un rapporto burrascoso. L'inchiesta ha ripreso slancio e pareva vicina a una svolta quando a febbraio 2009, nella zona di Pineto, da un terreno sono saltate fuori le ossa di un cadavere di donna. Che però sono state spedite negli Stati Uniti e sembrano avere più di 30 anni. Nulla a che fare con Donatella, sembrerebbe dunque, e per questo la procura di Pescara non ha neppure disposto l'esame del Dna per confrontarlo con quello della studentessa. Un altro duro colpo per Mario Grosso: «Mi hanno tenuto bloccato a Francavilla per due mesi per mettere a disposizione il Dna (attraverso i capelli, ndr) di mia figlia, e poi l'analisi non è stata neanche autorizzata. Ora qualcuno mi dica, anche in maniera anonima, dove si trova il corpo di mia figlia», è l'appello disperato di papà Grosso catapultato contro il muro di omertà, nel tentativo di scuotere le coscienze anestetizzate dalla viltà e dalla paura di ritorsioni. Ai genitori di Donatella resta solo un desiderio: poter portare un fiore sulla tomba di quell'unica, amatissima figlia.
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