Dramma a Turrivalignani per l'alpino morto, la madre: "Non so se ce la farò"

Anna Ciccone a Belluno per riconoscere la salma del figlio Il cordoglio del sindaco: un eroe, per due volte in missione in Afghanistan

TURRIVALIGNANI. La tragedia è cominciata con l'arrivo di un’auto scura che si è fermata in via Belvedere. A bordo, un tenente colonnello dell’Esercito con il compito di comunicare ad Anna Ciccone che suo figlio Williams Tracanna, primo caporal maggiore del 7° Reggimento alpini di stanza a Belluno, era morto in Veneto.

La notizia, era il primo pomeriggio di ieri, ha fatto in breve il giro del paesino ai piedi del versante nord della Maiella, 700 metri di centro storico e meno di mille anime parte imparentate tra loro, il resto amici o conoscenti. Per Anna, 51 anni e una vita passata a crescere l'unico figlio con i sacrifici richiesti da impieghi talvolta umili, è stato un colpo durissimo. Considerando anche che doveva a quel punto usare la giusta delicatezza per passare la notizia ai genitori Antonio e Matilde, nonni che intorno a Williams hanno chiuso il cerchio protettivo della famiglia, una seconda mamma lei e lui quel padre che il ragazzo non aveva mai avuto. Non si sa come, ma in tarda mattinata tra gli amici dei Ciccone aveva cominciato a circolare il racconto di un incidente non meglio dettagliato, forse stradale, collegato al nome qui sconosciuto del Spiz de Vedana, da cui Williams era uscito in gravi condizioni. Ma non si parlava di pericolo di vita. Tra Turri e Belluno comincia intanto a snodarsi un lungo e contorto filo che passa per Roma, Stato maggiore dell'arma terrestre e ministero della difesa, con l'inevitabile burocrazia.

Questa mattina Anna con il fratello Sandro sarà prelevata da un mezzo dell'Esercito diretto alla città veneta, dove sarà chiamata a riconoscere la salma del figlio. «Non so se ce la farò a guardarlo, è troppo per me anche pensare che ci saranno manifesti funebri con la sua foto», ha detto in lacrime ai parenti raccolti in casa. Williams sarebbe tornato proprio oggi a casa, in una delle licenze che si concedeva per rivedere la mamma, i nonni e il paesino che aveva lasciato da 8 anni, quel 14 agosto del 2006 quando a lui, studente brillante diplomato all'industriale di Chieti, l'Esercito aveva concesso il primo anno di ferma. Poi altri tre e infine il passaggio al servizio permanente effettivo, battezzato con la prima di due missioni in Afghanistan.

E’ da questo capitolo eroico della vita del giovane che parte il ricordo del sindaco, Luigi Canzano. «Di quel posto mi ha detto», confida con tono commosso, «che aveva visto cose e persone belle, dignitose nella povertà. Che l'Afghanistan era pieno di umanità, se lo si guardava con gli occhi giusti. E i suoi erano quelli di un alpino fiero della divisa e del ruolo, ma con l'umiltà del bravo ragazzo».

Il sindaco ha messo a disposizione l'aula del consiglio per l'eventuale allestimento della camera ardente prima dei funerali che dovrebbero slittare oltre la festività per tenersi forse nel lunedì dell'Angelo.

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