Edifici Vera, il Tar condanna Comune e cooperativa

Il tribunale amministrativo giudica illegittima la vendita di strada e parcheggio stabilita dall’ex giunta Cordoma

MONTESILVANO. Le ventisette famiglie dei due edifici Ater costruiti dalla cooperativa Vera potranno continuare a entrare ancora dalla vecchia e buona strada esistente in via Di Vittorio. Questo ha stabilito una sentenza del Tar (tribunale amministrativo regionale) del 25 ottobre, con la quale è stato bloccato il tentativo, fatto dall’ex amministrazione Cordoma nel 2009, di cedere la proprietà, per 64 mila euro, della strada e di parte del parcheggio di via Di Vittorio al condominio Vera (in precedenza cooperativa) che già deteneva il diritto di superficie in virtù della convenzione dell’8 gennaio del 1987, che assegnava alla società Vera un diritto di superficie di 99 anni su un’area sita nel comparto 16 del Peep, l’area nella quale la cooperativa Vera ha realizzato alloggi di edilizia economica e popolare.

La sentenza del Tar annulla i provvedimenti impugnati, con i quali il Comune di Montesilvano ha stabilito di cedere al condominio Vera le opere di urbanizzazione primaria del comparto numero 16 e condanna il Comune a provvedere al collaudo delle opere di urbanizzazione, secondo quanto previsto dall’articolo 3 della convenzione urbanistica stipulata l’8 gennaio del 1987, entro sessanta giorni dalla notifica o comunicazione della sentenza. È stata prevista anche una pena pecuniaria: infatti il Tar condanna il Comune di Montesilvano e il condomino Vera al pagamento, in solido tra loro e nella misura della metà per ciascuno, della somma complessiva di quattromila euro, oltre iva, cpa e contributo unificato, in favore dei ricorrenti, a titolo di spese processuali.

Il tema era stato già riportato sui banchi del consiglio comunale il 13 novembre dal consigliere Gabriele Di Stefano, che con una mozione chiedeva di sospendere tutto quanto connesso con gli atti del consiglio comunale del 2009, quando sindaco era Pasquale Cordoma. Già nel mese di luglio lo stesso Gabriele presenta una mozione (votata dal Comune) in cui si chiede di non stipulare l’atto con la cooperativa e si dà mandato all’ufficio tecnico comunale di predisporre la revoca degli atti di Cordoma. L’ufficio tecnico, in base alla mozione ha 90 giorni di tempo. Passa troppo tempo, oltre i 90 giorni e, il 6 novembre 2012, lo stesso Gabriele presenta una nuova mozione di proroga dei termini. Il 13 novembre si discute la mozione in consiglio e la minoranza si scatena contro. Una parte della maggioranza abbandona e il consigliere Federico Di Giovanni, fa un pesante intervento contro la mozione di Gabriele. La mozione non passa perché il consiglio viene sciolto per mancanza del numero legale, dopo che la minoranza abbandona l’aula.

Il Comune ci aveva provato anche il 7 maggio 2004, al termine dell’era Renzo Gallerati, incassando la bocciatura del Tar che l’aveva condannato al pagamento delle spese legali: duemila euro.

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