Filovia Pescara, scontro sull'archiviazione dell’inchiesta per truffa

La procura chiede il proscioglimento di 9 indagati ma Acerbo e Di Paola presentano opposizione: intercettazioni su costi gonfiati e pagamenti non dovuti, il procedimento merita approfondimento

PESCARA. Il caso della filovia sulla Strada parco presenta «evidenti irregolarità» ma non ci sono prove di «collusioni» né di «intento di favorire gli interessi privati». È per questo che il pm Valentina D’Agostino ha chiesto l’archiviazione per i 9 indagati nell’inchiesta per truffa sulla grande opera da 31 milioni di euro tra Pescara e Montesilvano. Ma ci sono anche due richieste di opposizione all’archiviazione, presentate da Maurizio Acerbo, ex consigliere regionale e comunale di Rifondazione comunista ed ex candidato presidente della Regione Abruzzo, e da Loredana Di Paola, attivista Wwf ed ex candidata sindaco con la lista L’Altra Città Pescara. Ora, a decidere se l’indagine deve andare avanti o se terminare con il proscioglimento dei coinvolti sarà il gip Gianluca Sarandrea.

Intercettazioni e «giochetti». Per Acerbo e Di Paola, le 20 pagine firmate dal pm bastano a spiegare perché la filovia è da sempre un’opera contestata anche se si concludono senza la contestazione di reati. Ma in base alle richieste di opposizione, ci sono elementi da «approfondire» ancora. A partire dalle intercettazioni telefoniche «da cui emergevano», così dice il pm, «anomali rapporti tra i soggetti aventi il compito di controllare la regolare esecuzione dei lavori appaltati e i referenti delle imprese che stavano eseguendo i lavori». Tra le conversazioni citate da D’Agostino, ce n’è una in cui uno dei tecnici della Gtm, «infastidito», afferma che l’impresa «deve smetterla di fare questi giochetti» e che «già in passato erano state pagate somme non dovute»: «Già gli ho pagato il progetto di illuminazione che non gli avrei dovuto pagare». È l’ipotesi dei costi gonfiati che, però, il pm ritiene inesistente: «Non sono state riscontrate anomalie nei costi», scrive a conclusione della richiesta di archiviazione.

«Norme eluse volutamente». Secondo la procura, «le conversazioni di maggiore interesse vertevano sulla questione dello screening», e cioè sull’esclusione della filovia dalla procedura di Valutazione di impatto ambientale: «L’opera», spiega il pm, «doveva essere assoggettata a screening e di ciò erano consapevoli, sin dal 2008, i vertici della Gtm e della Balfour Beatty». Per D’Agostino, la normativa è stata «volutamente elusa» sia nel 2008 che nel 2012 e il provvedimento di messa in mora, adottato dal comitato Via, rappresenta «il risultato di un’operazione concordata tra le parti per evitare la sospensione dei lavori».

«Qua ci salviamo». Proprio sullo screening, uno degli indagati dice al telefono: «Perché qua se ci salviamo dalla procedura di infrazione della Via solo perché riusciamo a dire che è un veicolo, un normale veicolo utilizzabile ovunque». Tra le intercettazioni, una, a detta di D’Agostino, evidenzia «altri profili di criticità»: «Perché questi hanno pigliato una tombola», riferisce un tecnico a un collaboratore, «9 milioni di euro per un filobus e lo stanno spacciando per un ibrido». Ma anche in questo caso, per il pm, non si ravvisano reati: le «difformità» dei mezzi sono state segnalate dalla Gtm alla ditta e la ditta «ha adottato le iniziative necessarie».

«Caso complesso». Il caso della filovia, avverte il pm, «è particolarmente complesso, non solo giuridicamente, ma anche sotto il profilo della ricostruzione temporale atteso che i primi atti risalgono a oltre venti anni fa». Se non ci sono reati, dalle 20 pagine emerge almeno un quadro di confusione burocratica – «Evidenti sono le incongruenze e contraddittorietà», conclude D’Agostino – con i tecnici quasi obbligati a «consentire la più celere realizzazione di un’opera pubblica» avviata 22 anni fa.

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