«Fira, giudice incompatibile»

La difesa di Domenici chiede la ricusazione di Bortone

PESCARA. La difesa dell’ex assessore regionale Vito Domenici ha chiesto che il gup Marco Bortone abbandoni il processo Fira per incompatibilità. L’istanza di ricusazione è stata presentata martedì scorso dall’avvocato Francesco Carli alla Corte d’appello dell’Aquila, che potrebbe pronunciarsi già domani.

«C’è stata una precedente pronuncia del giudice Bortone che si ritiene riconducibile allo schema previsto per la ricusazione, perché come presidente del tribunale del Riesame, nel respingere una istanza di revoca di misure cautelari reali (il dissequestro degli immobili dell’imprenditore Marco Picciotti), è entrato parzialmente nel merito» ha spiegato Carli, che ieri mattina, nel corso dell’udienza preliminare, ha depositato copia dell’istanza.

Si rinnova, dunque, il dubbio già sollevato il 9 aprile scorso dagli avvocati Sabatino Ciprietti e Giovanni Cerella, legali di Picciotti, che avevano sollevato la questione di incompatibilità sulla stessa materia, con una istanza di astensione respinta da Bortone dopo un’ora di camera di consiglio. Il gup, dunque, fino alla decisione della Corte d’appello (che secondo molti arriverà a breve) non potrà pronunciarsi su un’altra questione sollevata ieri da molti difensori, quella relativa alla competenza territoriale che - assieme al problema della legittimazione della Fira a costituirsi parte civile e delle trascrizioni delle intercettazioni - è stato il tema che ha dominato l’udienza.

Secondo alcuni difensori, tra i quali Cristiano Sicari e Giuliano Milia (che difende l’ex amministratore Fira Giancarlo Masciarelli), i 157 reati rubricati dalla procura di Pescara - rappresentata dal procuratore aggiunto Cristina Tedeschini e dal pm Anna Rita Mantini - sarebbero stati commessi «in varie sedi che non sono Pescara». «Le società hanno tutte sede tra Lanciano, Chieti e Vasto e la procura scrive che avrebbero costituito “una ragnatela” sul territorio abruzzese» ha sottolineato Milia. In sostanza, secondo la difesa, l’accusa non avrebbe identificato il luogo in cui la presunta associazione per delinquere (il reato più grave tra quelli contestati) sarebbe stata costituita: dunque, occorre tenere conto del reato più grave in successione (la truffa aggravata) che sarebbe stato commesso a Chieti. Conclusione: «Il processo va trasferito a Chieti».

Escluso, dunque, che il gup possa pronunciarsi prima della decisione dell’Aquila. Domani, durante la nuova udienza, la scena sarà per l’avvocato Marcello Russo, che rappresenta la Fira e che dovrà replicare su decine di richieste di esclusione della finanziaria regionale che si è costituita parte civile, con una richiesta di danni pari a un milione di euro. Per le difese, infatti, la Fira, ente strumentale della Regione, non sarebbe legittimata a restare nel processo, come dimostrerebbe tra l’altro la scelta della procura di individuare come sola parte offesa la Regione, unica ad avere subito il danno della presunta truffa da 16 milioni. Per l’avvocato Massimo Carosi, in caso di costituzione da parte della Regione, si assisterebbe a una duplicazione delle domande.

A conferma delle tesi difensive, ci sarebbe anche una sentenza della Corte dei conti (ora oggetto di impugnazione) su alcuni imputati, in una causa in cui la Regione (che però continua a temporeggiare e che ieri non si è vista) si sarebbe definita come unico ente danneggiato. «Non è una questione di soldi» ha precisato il presidente Fira Rocco Micucci, presente in aula, «siamo qui perché sono imputate persone stipendiate dalla Fira che avrebbero operato contro gli interessi della finanziaria, che ricordo è una società mista pubblico-privata, formata al 49% da banche: noi abbiamo il diritto-dovere di tutelare il buon nome e l’interesse di tutti».

È stata presentata inoltre una richiesta di acquisizione dei documenti dell’ufficio Personale della Fira in cui vengano individuati i singoli incarichi dei dipendenti coinvolti, mentre sono state avanzate numerose istanze per la trascrizione delle intercettazioni. È stata sollevata infine anche una questione relativa all’incompletezza del fascicolo: all’interno dei faldoni del processo, infatti, si farebbe riferimento a intercettazioni che provengono dalla procura di Vasto, ritenute centrali dalla procura di Pescara: di queste conversazioni, però, sembra non esserci traccia nelle carte pescaresi.

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