Frode in commercio, 6 arresti tra Pescara e Chieti

Parte da Perugia un'inchiesta su merce per due milioni di euro comprata e mai pagata. L'indagine coinvolge personaggi noti. La truffa organizzata con il meccanismo delle mail

PESCARA. Ci sono anche sei teatini e pescaresi tra i 7 arrestati in un'operazione della polizia postale di Perugia che ha smantellato un'organizzazione impegnata nelle frodi commerciali e nell'ottenimento di finanziamenti, mutui e cessioni del quinto mai onorati.

Si tratta di personaggi noti nel mondo dell’imprenditoria già coinvolti, però, in altre presunte truffe. Delle sette ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip del Tribunale di Perugia, cinque sono state eseguite tra Chieti, Ortona e San Giovanni Teatino e la sesta a Villanova di Cepagatti, nel Pescarese. L’accusa è di associazione per delinquere finalizzata alla truffa. Il gip ha disposto anche sei obblighi di dimora, di cui due non eseguiti perché i destinatari non sono stati rintracciati. Gli indagati sono 13. Il danno arrecato alle varie parti offese ammonterebbe a 2 milioni. Gli artefici delle frodi risultavano avere la propria base operativa all'interno di un'attività di pesca sportiva in un lago artificiale nelle Marche. L'indagine era stata attivata da una segnalazione giunta al Compartimento polizia postale e delle comunicazioni di Perugia, nel novembre 2015, dopo che un'attività commerciale che si occupa della Grande distribuzione di alimentari aveva presentato una denuncia per una fraudolenta transazione. È emersa l'esistenza di un’attività delittuosa consistente nell'invio di mail fraudolente, apparentemente riconducibili a nomi di manager di aziende della media e grande distribuzione, italiana ed estera, reperiti attraverso tecniche di «social engineering». La merce veniva regolarmente consegnata e generalmente stoccata in un magazzino affittato dalla banda per poi essere prontamente trasferita senza pagarne il prezzo. L'attività investigativa ha rivelato che le email inviate, nonostante l'utilizzo di tecniche di anonimizzazione, attraverso il browser Tor, erano tracciate grazie all'individuazione di un identificativo Ip italiano. Inoltre, attraverso la collaborazione di due associati, liberi professionisti operanti nel ramo finanziario e della consulenza del lavoro, dopo aver confezionato per una delle aziende di comodo falsi bilanci aziendali e business plan inesistenti, la banda sarebbe riuscita a ottenere un mutuo e un finanziamento di 320mila euro ingannando così un noto istituto bancario. Poi, tramite una serie di operazione di giroconto, alcune delle quali dirette su un conto corrente aperto in Albania, risultato intestato ad uno dei leader del gruppo, il denaro sarebbe stato «ripulito» e ripartito. La ricostruzione delle varie transazione fraudolente è avvenuta grazie alla collaborazione con gli istituti bancari e con l'Interpol. Secondo gli investigatori, una parte del bottino è stata impiegata per lavori di ampliamento e miglioria della struttura di ristorazione presente presso il lago di pesca. Ha collaborato all'indagine anche la polizia postale di Pescara, Ancona e Roma.