Hotel Rigopiano: «Continuiamo a cercare verso il bunker e le cucine»

I soccorritori ai familiari dei dispersi: «Li vogliamo tirare fuori tutti». Si punta ad altri ambienti dove potrebbero essersi radunati altri gruppi di persone

PESCARA. «Non ci fermiamo, continuiamo a scavare. Stiamo cercando di accedere al bunker e alle cucine». È la forza dei soccorritori che ieri, con la Protezione civile, hanno incontrato all’ospedale di Pescara i familiari dei 23 dispersi prima che da Rigopiano arrivasse, a metà pomeriggio, la brutta notizia del sesto corpo ritrovato sotto le macerie. Non ancora identificato.

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Con la cartina del resort sotto mano, Alessandro Marucci che con la squadra del Soccorso alpino e speleologico è stato tra i primi a raggiungere con gli sci il luogo della valanga nella notte tra mercoledì e giovedì, per oltre un’ora ha risposto alle domande dei familiari in pena. Ne ha accolto i suggerimenti e, soprattutto, ha cercato di spiegare le modalità con cui i 250 uomini impegnati sul luogo della valanga stanno lavorando dall’alba di giovedì per provare a salvare i 23 che ancora mancano all’appello. In pratica, dopo aver ispezionato quanto più possibile la stanza del camino da dove sono stati estratti i quattro ragazzi e la mamma con il figlio, e dopo aver ispezionato in parte la stanza del biliardo dov’erano radunati gli altri tre bambini portati in salvo, adesso il lavoro dei soccorritori è finalizzato a creare nuovi varchi, nuovi accessi all’interno dell’hotel distrutto. Di cui non resta che il piano terra e la zona della spa rimasta quasi intatta in quanto interrata all’interno di un blocco in cemento armato.

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«Stiamo lavorando sulla tettoia di legno, sondando, rimuovendo la neve e cercando di entrare», ha riferito il soccorritore esperto. «È chiaro che la piantina serve fino a un certo punto, perché gli ambienti che c’erano prima si sono trasformati in altri ambienti e bisogna capire come arrivarci, ma ce la stiamo mettendo tutta». Un lavoro complicatissimo dove si scava con le mani, ma si lavora come si fosse in una miniera, usando frese, trapani e tutti gli strumenti necessari per arrivare a bucare anche muri in pietra spessi fino a 70 centimetri. Ma questo adesso è il lavoro che va fatto. Per puntare ad altri ambienti dove, ritengono gli esperti, potrebbero essere radunati altri gruppi di persone. Di questo sono convinti i familiari dei dispersi e, in particolare i genitori dei ragazzi che lavoravano nell’albergo. Una quindicina tra camerieri, cuochi, massaggiatrici, addetti alla spa e alla reception, ragazzi che con Roberto Del Rosso lavoravano da tanto, «come una famiglia», riferisce una mamma, «e si saranno radunati sicuramente nella stessa stanza. O nelle cucine o nel bunker». Ed è lì che gli esperti della Protezione civile hanno ribadito che si stanno concentrando, tenendo presente che, oltre a tutto, c’è anche la neve che in molti punti è penetrata sotto portandosi giù anche alberi, rocce e detriti.

Al momento, la zona di accesso più complicata sembra essere proprio la cucina, perché ci sono degli sbarramenti che bisogna ancora superare, «ma», come dice Marucci, «speriamo di poter avere accesso a breve». Per i familiari, comunque stanchi ed esausti da un’attesa senza fine, è stato comunque un incontro importante. C’è chi ha chiesto se sotto faceva molto freddo, ed è stato rassicurato dagli esperti della Protezione civile che gli hanno parlato dell’effetto igloo che fa la neve; chi ha voluto sapere fino a quando possono resistere lì sotto, e gli è stato risposto che la cosa più importante non è il cibo ma l’idratazione, cosa che dal racconto dei sopravvissuti avrebbero comunque fatto, utilizzando la neve. E ancora, se fosse il caso di utilizzare i cani molecolari, e se dovevano mettere a disposizione gli indumenti dei propri cari. «Per ora stiamo utilizzando i cani da macerie e da valanghe», ha riferito il soccorritore spiegando le tecniche e le modalità di utilizzo dei molecolari molto più complesse. «Non vi preoccupate, non ci fermiamo, continueremo notte e giorno», li hanno tranquillizzati i rappresentanti della Protezione civile, «li vogliamo tirare fuori tutti».

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