I SENZA NOME
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Liberamente tratto da un viaggio di scuola
Ventiquattro studenti nella Shoah e nelle Foibe. "Il viaggio non soltanto allarga la mente: le dà forma ".Una "classe d'occasione": 24 ragazzi per un premio. Meta: la Storia,per unire ciò che ancora divide… "Non ci si rende conto quanto sia bello viaggiare, finché non si torna a casa e si posa la testa sul vecchio, caro, cuscino ." È quello che pensiamo un po' tutti quando viaggiamo, c'è l'euforia della partenza, l'ebbrezza del rischio, l'adrenalina che ti fa tremare le mani; tutto questo scema pian piano nella voglia del ritorno. Il letto troppo duro, il cuscino troppo basso, il servizio dell'albergo troppo ossessivo o troppo assente, la carne troppo cotta o viceversa:si spera nel ritorno alla propria camera. I 24, assonnati, trascinano le valigie sui marciapiedi, salgono su un pullman ignari di chi si troveranno di fronte, conoscono solo i nomi attraverso un foglio di carta. Il primo giorno sarà difficile: dovrai dire il tuo nome migliaia di volte perché ci sarà chi lo dimenticherà, dovrai viaggiare per troppe ore in autostrada, dovrai scrivere su un foglietto i nomi di chi non ricordi, così da ripassarli nel caso dovesse servire. Già dalla mattina del giorno dopo saluterai col "Buongiorno" ed uno stanco sorriso che durante la giornata diventerà cordiale e disponibile, di chi non vuole fare brutta figura. I giorni seguenti ti organizzerai già in gruppo, come una classe o meglio, una famiglia. Ti ritroverai catapultato in una realtà che non è la tua, ti impegnerai a dare il meglio di te, non sarai attento alle reazioni, ma solo alle azioni, anche chiedere un bicchiere d'acqua sarà un'impresa nell'ignoranza della lingua. E così fino alla fine, quando ti lamenterai perché non vuoi tornare e pensi di nasconderti sotto al letto; ma allo stesso tempo sarai felice, vorrai chiamare la mamma e dirle "Mamma metti la pasta, sto tornando a casa!"… Dall'Abruzzo a Trieste, da Trieste a Dachau, da Monaco a casa. "Le nostre valigie erano di nuovo ammucchiate sul marciapiede; avevamo molta strada da fare. Ma non importava, la strada è la vita ." Frammento dal Friuli Venezia Giulia, Friûl-Vignesie Julie in friulano, Furlanija-Julijskakrajina in sloveno e Friaul-JulischVenetien in tedesco: ha in sé tutte le aree geografiche, dalla verdeggiante pianura, alla zona costiera, alle prorompenti montagne. I suoi confini? Combattuti in guerra e su carta. Trieste, scheggiata dalle insenature carsiche delle Foibe, i loro bordi corrosi dal precipitare delle vittime, anche loro senza nome. Quelli sulle lapidi sono solo alcuni, magari saranno anche fasulli, dati da una madre frettolosa e speranzosa di poter ritrovare suo figlio andato perduto mesi e mesi prima. Ma in fondo, cos'è un nome? E' un segno di riconoscimento, segna la nostra identità; direte voi. Ma chi l'identità l'ha persa, chi ha come segno di riconoscimento dei numeri su un braccio, cosa dovrebbe dire? Direbbe di ricordarsi di lui. Non con un nome su una lapide, ma con il ricordo di quello che ha fatto, con il ricordo di quello che è successo. Molti ripetono "Fatti lontani" o addirittura "Non è mai accaduto!" I morti non parlano, i sopravvissuti soffrono per i caduti e per gli immemori. Qual è l'anima di Trieste? Quella letteraria di poeti e scrittori? Quella storica di battaglie, di confini e annessioni? O quella del ricordo, di memorie per i caduti delle ingiustizie? "Il viaggio non soltanto allarga la mente: le dà forma".Dachau e Basovizza aspettano i 24, i senza nome.