Il caso della piccola tifosa laziale rifiutata dal locale. I titolari: «Chiediamo scusa alla bambina, noi minacciati di morte»

Pescara, i titolari del ristorante invitano la famiglia a tornare con qualsiasi cappello e maglietta e denunciano i social. L’invito della società di calcio laziale, il rammarico del Pescara
PESCARA. «Siamo pronti a chiedere scusa alla famiglia e alla bambina, e le invitiamo a pranzo. Vogliamo dire loro che noi non siamo come ci dipingono oggi sui social, ma vogliamo anche che ci indichino la persona che ha risposto in quel modo. Perché a noi non risulta essere il titolare del ristorante, evidentemente è qualcun altro che si è spacciato per lui. Ad ogni modo la famiglia è benvenuta e la bambina porti naturalmente il cappello e la maglietta che vuole. Sarà sempre bella». Il giorno dopo il caso raccontato dal Centro sulla bambina romana che non è stata fatta entrare nel ristorante della riviera solo perché indossava un cappellino e una maglietta della Lazio, i titolari del locale scendono in campo stupiti dal clamore. E lo fanno da vittime perché dicono che hanno ricevuto minacce di morte e d’incendio al punto da dover andare in questura a cautelarsi. «Ci dispiace per quanto accaduto, ma noi di questo caso siamo vittime due volte», spiegano in riferimento soprattutto agli attacchi social che hanno ricevuto.
Il caso ha avuto eco nazionale. Al fianco della bambina è scesa la Società sportiva Lazio - la cui tifoseria è acerrima nemica con quella del Pescara - con un tweet: «Non riusciamo nemmeno a immaginare quanto sia stato brutto sentirsi dire di non poter entrare in un locale solo perché indossavi con orgoglio il cappellino e una maglietta con i colori della tua amata Lazio. Per questo», annuncia la società, «abbiamo pensato di invitarti a Formello, nel cuore della nostra casa, per stare insieme alla squadra, allo staff e a chi lavora ogni giorno per rendere speciale questa maglia. Ti aspettiamo a braccia aperte».
Anche il Pescara è intervenuto, in risposta al tweet della Lazio: «Abbiamo appreso quanto accaduto alla vostra giovane tifosa. Negare l’ingresso in un locale della nostra città a una bambina per la sua fede calcistica è un gesto che non ha alcuna giustificazione. Ci dispiace per ciò che hai vissuto», scrive la società biancazzurra rivolgendosi alla bambina.
Il mondo della politica si è fatto invece sentire tramite il consigliere comunale di Montesilvano Marco Forconi e il candidato sindaco Gianluca Fusilli. Il primo ricorda di essere tifoso della Lazio «con orgoglio e rispetto», precisando che «trovo questo episodio non solo vergognoso, ma lesivo dell’immagine di una città che vuole vivere di turismo e accoglienza. Discriminare una bambina per il colore di una maglietta significa avere smarrito il senso delle proporzioni, del rispetto e dell’educazione. La rivalità sportiva è un'altra cosa. Auspico scuse pubbliche e un segnale forte da chi di dovere». Mentre Fusilli, pur ricordando che «per chi è nato nei miei anni» l’insulto alla Lazio «è una sorta di buonanotte» che «ci aiuta a dormire meglio», precisa: «Se quel ristoratore lo ha fatto veramente, è un idiota».
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