Il dopo referendum in Abruzzo, opposizione all’attacco: "Una bocciatura per D’Alfonso"

Marcozzi (M5S): "Punito un certo modo di fare politica". Pagano (FI): "Per il presidente è una mazzata". Melilla (Si): "Voto contro la politica dell’austerità". Borrelli (Mca): "Più considerazione per il territorio"

PESCARA Archiviato il referendum, sono le dimensioni del voto (affluenza del 68,73%) e soprattutto del No (oltre il 64%), addirittura oltre la media nazionale, a tenere banco nelle analisi politiche del giorno dopo. Con le opposizioni che già affilano le armi per il rush della seconda metà della consiliatura. Con D’Alfonso che dà appuntamento «tra 29 mesi», alle urne regionali. Lasciando intendere di aver ridimensionato le sue ambizioni romane.

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Questione di stile. «Gli abruzzesi hanno detto no ad uno stile, ad un certo modo di fare politica», commenta la capogruppo in Regione del M5S Sara Marcozzi. «Quello del premier Matteo Renzi e quello del governatore Luciano D’Alfonso che si somigliano molto», aggiunge la consigliera regionale. «Negli ultimi 60 giorni di campagna elettorale, qui in Abruzzo, siamo stati presenti in 90 piazze - prosegue rivendicando il ruolo del movimento -. Mi piace pensare di aver dato anche noi un contributo all’esito di questo referendum che, nella nostra regione, è andato cinque punti oltre la media nazionale sia per quanto riguarda l’affluenza sia per quanto concerne la percentuale incassata dal No». Nonostante l’impegno a tutto campo di D’Alfonso. «Il presidente ci ha messo la faccia proprio come ha fatto Renzi a livello nazionale - continua Marcozzi -. Ma a differenza di Renzi che si è dimesso, mantenendo la sua prima promessa da quando è stato nominato premier, il governatore si è smarcato, rinviando alla fine della consiliatura, tra 29 mesi, e alle prossime regionali, il giudizio degli elettori sul suo mandato».

Diamoci un taglio. E proprio a D’Alfonso, la capogruppo del M5S lancia una sfida: «Misuriamoci uno contro uno. Mettiamo finalmente mano alla riforma della legge elettorale regionale, al palo ormai da due anni, vietando le coalizioni che rendono impari il confronto tra un Movimento come il nostro e la sommatoria di 8 tra partiti e liste varie sui quali si regge la sua maggioranza». Una sfida che la Marcozzi rinnova con forza. «Quella in vigore è una legge elettorale che favorisce il clientelismo, alimentando il debito di riconoscenza nei confronti della miriade di candidati di una coalizione eterogenea che prima o poi presenteranno il conto creando problemi alla maggioranza di turno - accusa l’esponente M5S -. Alle prossime regionali mancano oltre due anni, c’è tutto il tempo per cambiare questa legge elettorale». Ma non è tutto. La Marcozzi preme ora anche per altre riforme: il dimezzamento delle indennità dei consiglieri e l’eliminazione del doppio vitalizio. «Sono due proposte del M5S - conclude -. Che farebbero risparmiare agli abruzzesi 25 milioni di euro in una consiliatura».

Sudditi e feudatari. Questione di stile, ma per ragioni diverse, anche per l’azzurro, Nazario Pagano, coordinatore regionale Forza Italia. «Il risultato del No è anche il riflesso di un impegno personale su scala nazionale di Renzi e su scala regionale di D’Alfonso e della sottosegretaria Chiavaroli - spiega -. Che hanno voluto, sbagliando, affrontare questa campagna elettorale a titolo personale». Ma non è tutto. «Nel caso di D’Alfonso ci sono state anche cadute di stile con iniziative sbagliate e inopportune a dir poco - aggiunge -. Ma gli italiani e gli abruzzesi non hanno voluto rimanere alla finestra, tanto che l’affluenza è stata anche superiore alle amministrative». Risultato: «D’Alfonso si deve assumere in quota parte la responsabilità di questa “mazzata” - conclude Pagano -. La politica non si può fare come un tempo: una politica di tipo paternalistico per cui c’è un signore, un feudatario che si occupa dei sudditi e dice penso a tutto io».

Equo governo. A nome di Sinistra italiana, Gianni Mellilla «ringrazia gli elettori abruzzesi per aver confermato la fiducia alla Costituzione, nata dalla Resistenza». Ora, aggiunge il deputato dell’opposizione (parlamentare e consiliare) serve un’alternativa all’«austerità europea e una visione arrogante della politica italiana». In Abruzzo «chiediamo al governo regionale di raccogliere questa grande spinta per un cambiamento sociale e politico nel segno dell’equità e della giustizia», conclude Melilla.

Ncd resti fuori. Intanto, anche il Movimento civico abruzzese, che in Regione è in maggioranza con un consigliere e un assessore, alza il tiro. «Le richieste di maggiore collegialità e condivisione rimangono valide - incalza il coordinatore regionale Giulio Borrelli -. Soprattutto per quello che riguarda la sanità». E aggiunge: «Riteniamo che si debba tenere di più conto delle esigenze dei territori». Di certo, aggiunge, escono ridimensionate le ipotesi di ingresso di Ncd in maggioranza. «Quella che era stata definita un’alleanza “di fatto” mi sembra dopo l’esito del referendum molto indebolita - conclude -. Penso anche che in una fase di grande marasma politico e di disgregazione e riaggregazione delle forze politiche, avere una realtà civica che fa dei diritti e dei doveri dei cittadini la propria bandiera è fondamentale in una regione come l’Abruzzo». (a.d.f. - a.pit.)

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