«Il nostro leader resta Berlusconi»
Piccone e Di Stefano dettano la linea. Il Pdl abruzzese non si si sfalda
PESCARA. C’erano tutti, o quasi, ieri mattina nell’auditorium Petruzzi di Pescara per ufficializzare una scelta da qualcuno definita «sofferta», ma in linea con «il volere dell’elettorato». Il Popolo delle libertà abruzzese non si sfalda. Pesano le assenze eccellenti, come quella del vice presidente regionale Alfredo Castiglione, ma la parola d’ordine è «Pdl», la più pronunciata è «Berlusconi». Gli ex di Alleanza nazionale non si lasciano conquistare dalla modernità di cui parla il presidente della Camera, Gianfranco Fini. «A noi interessano i valori della tradizione e il nostro leader è Silvio Berlusconi».
A rimarcarlo è il vice coordinatore regionale del partito, Fabrizio Di Stefano. E’ passato solo un anno dalla nascita del Pdl, era il 21 marzo 2009 quando Fini, spegnendo la fiamma del partito, disse ai suoi uomini che da quel momento «avrebbero lasciato la casa del padre e non vi avrebbero più fatto ritorno». Parole che i fedelissimi di allora sembrano aver preso alla lettera. «Al Nord ha vinto il modello leghista, e non è colpa di Berlusconi se gli altri sono stati più bravi di noi», ha ammesso Filippo Piccone, coordinatore del Pdl abruzzese. «Dobbiamo riconquistare i voti della Lega mantenendo però saldo il principio dell’unità d’Italia», gli fa eco il coordinatore provinciale, Lorenzo Sospiri. Uno dei più provati nell’affrontare questa decisione, forse anche per l’eredità pesante della figura dello zio, Nino Sospiri, storico leader di An e amico di vecchia data di Fini. «Non ho scelto tra lui e Berlusconi, ma tra il Pdl e i finiani», ha detto Sospiri, aggiungendo che «Nino avrebbe seguito i temi della legalità e dell’unità del Paese», ma anche che «fortunatamente non ha assistito a questo momento».
Al tavolo dei relatori o in platea, sono stati in tanti a presenziare all’incontro e a far vedere «da che parte stanno». L’assessore ai Trasporti, Giandonato Morra, il sindaco di Chieti, Umberto Di Primio, il presidente e il vice della provincia di Pescara, Guerino Testa e Fabrizio Rapposelli, il senatore Andrea Pastore, il presidente del consiglio regionale Nazario Pagano, i coordinatori di Chieti e dell’Aquila, Mauro Febbo e Gianfranco Giuliante. Assente giustificato il sindaco di Pescara, Luigi Albore Mascia, in viaggio in Croazia.
Anche Luigi De Fanis e Berardo Rabbuffo, accostati negli ultimi giorni alla corrente finiana, hanno preso le distanze da Generazione Italia, l’associazione partorita da Fini che sta dando vita a una serie di circoli in tutto il Paese. «E’ stata una scelta difficile e partecipata emozionalmente, perché Fini è sempre stato il nostro leader», ha detto Rabbuffo. A sperare che le idee del presidente della Camera «rientrino» nei ranghi, è De Fanis, anche perché secondo lui «Berlusconi ce lo invidiano in molti altri Paesi».
Pesante l’assenza di Castiglione, che aveva già commentato così: «Le minoranze non vanno demonizzate ma interpretate nella dinamica del pensiero e del contributo alla crescita».
C’era invece un altro finiano convinto, il presidente della commissione Bilancio, Filippo Nasuti, secondo cui «il Pdl rimane un unico partito, solo che c’è chi vuole esprimere le proprie idee. Sull’immigrazione, ad esempio, che è una cosa seria e che ci riguarda tutti perché queste persone lavorano per noi e con noi da anni ormai, o sulla pillola abortiva.
Tutti temi cari a una destra moderna». Nasuti ha poi assicurato che «sono tanti i sindaci e gli assessori finiani», ma ha preferito non fare nomi. L’aria da resa dei conti infatti, sebbene stemperata da entrambe le parti, non sembra essere scomparsa. E poi c’è chi di modernità non vuole proprio sentire parlare, come Emilio Iampieri, del Pdl di Avezzano, che si è detto basito «per le dichiarazioni di Fini sugli immigrati», e chi come Sospiri ha annunciato con soddisfazione che la prossima settimana nel consiglio comunale di Pescara «abrogheremo il registro delle coppie di fatto». Un passo indietro verso quella tradizione tanto cara al Pdl. Nel nome dei diritti, di alcuni e non di altri.
Ma c’è anche spazio per l’umorismo. In questo caso sull’abbigliamento di Pagano. «Sei venuto in camicia nera proprio oggi», scherza Di Stefano, ma lui smentisce subito, «è blu, forse un po’ scuro, ma blu».

A rimarcarlo è il vice coordinatore regionale del partito, Fabrizio Di Stefano. E’ passato solo un anno dalla nascita del Pdl, era il 21 marzo 2009 quando Fini, spegnendo la fiamma del partito, disse ai suoi uomini che da quel momento «avrebbero lasciato la casa del padre e non vi avrebbero più fatto ritorno». Parole che i fedelissimi di allora sembrano aver preso alla lettera. «Al Nord ha vinto il modello leghista, e non è colpa di Berlusconi se gli altri sono stati più bravi di noi», ha ammesso Filippo Piccone, coordinatore del Pdl abruzzese. «Dobbiamo riconquistare i voti della Lega mantenendo però saldo il principio dell’unità d’Italia», gli fa eco il coordinatore provinciale, Lorenzo Sospiri. Uno dei più provati nell’affrontare questa decisione, forse anche per l’eredità pesante della figura dello zio, Nino Sospiri, storico leader di An e amico di vecchia data di Fini. «Non ho scelto tra lui e Berlusconi, ma tra il Pdl e i finiani», ha detto Sospiri, aggiungendo che «Nino avrebbe seguito i temi della legalità e dell’unità del Paese», ma anche che «fortunatamente non ha assistito a questo momento».
Al tavolo dei relatori o in platea, sono stati in tanti a presenziare all’incontro e a far vedere «da che parte stanno». L’assessore ai Trasporti, Giandonato Morra, il sindaco di Chieti, Umberto Di Primio, il presidente e il vice della provincia di Pescara, Guerino Testa e Fabrizio Rapposelli, il senatore Andrea Pastore, il presidente del consiglio regionale Nazario Pagano, i coordinatori di Chieti e dell’Aquila, Mauro Febbo e Gianfranco Giuliante. Assente giustificato il sindaco di Pescara, Luigi Albore Mascia, in viaggio in Croazia.
Anche Luigi De Fanis e Berardo Rabbuffo, accostati negli ultimi giorni alla corrente finiana, hanno preso le distanze da Generazione Italia, l’associazione partorita da Fini che sta dando vita a una serie di circoli in tutto il Paese. «E’ stata una scelta difficile e partecipata emozionalmente, perché Fini è sempre stato il nostro leader», ha detto Rabbuffo. A sperare che le idee del presidente della Camera «rientrino» nei ranghi, è De Fanis, anche perché secondo lui «Berlusconi ce lo invidiano in molti altri Paesi».
Pesante l’assenza di Castiglione, che aveva già commentato così: «Le minoranze non vanno demonizzate ma interpretate nella dinamica del pensiero e del contributo alla crescita».
C’era invece un altro finiano convinto, il presidente della commissione Bilancio, Filippo Nasuti, secondo cui «il Pdl rimane un unico partito, solo che c’è chi vuole esprimere le proprie idee. Sull’immigrazione, ad esempio, che è una cosa seria e che ci riguarda tutti perché queste persone lavorano per noi e con noi da anni ormai, o sulla pillola abortiva.
Tutti temi cari a una destra moderna». Nasuti ha poi assicurato che «sono tanti i sindaci e gli assessori finiani», ma ha preferito non fare nomi. L’aria da resa dei conti infatti, sebbene stemperata da entrambe le parti, non sembra essere scomparsa. E poi c’è chi di modernità non vuole proprio sentire parlare, come Emilio Iampieri, del Pdl di Avezzano, che si è detto basito «per le dichiarazioni di Fini sugli immigrati», e chi come Sospiri ha annunciato con soddisfazione che la prossima settimana nel consiglio comunale di Pescara «abrogheremo il registro delle coppie di fatto». Un passo indietro verso quella tradizione tanto cara al Pdl. Nel nome dei diritti, di alcuni e non di altri.
Ma c’è anche spazio per l’umorismo. In questo caso sull’abbigliamento di Pagano. «Sei venuto in camicia nera proprio oggi», scherza Di Stefano, ma lui smentisce subito, «è blu, forse un po’ scuro, ma blu».
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