Il palazzo a rischio: la protesta di chi  ha dovuto traslocare 

Un inquilino: c’è ancora chi ci vive e le attività sono aperte Il sindaco De Martinis: «Devono arrivare tutte le notifiche»

MONTESILVANO. Il palazzo di via Leopardi è a rischio crollo oppure no? È questa la domanda che si pongono in molti, alla luce dello sgombero dell’edificio sul lungomare ordinato lo scorso 13 maggio dal sindaco Ottavio De Martinis che ad oggi non è ancora stato ultimato.
Se da un lato la maggior parte dei circa 50 residenti stabili del condominio Riviera1, che conta 250 unità immobiliari e 13 locali commerciali, hanno abbandonato ormai le proprie abitazioni, dall’altro c’è ancora chi continua a vivere nel palazzo, così come restano aperte le principali attività del piano terra, tra cui bar e ristoranti. Una situazione che viene definita paradossale soprattutto da coloro che hanno rispettato l’ordinanza. È il caso di Ivano Orsini, barbiere di Pescara, residente nel palazzo. «Abito lì con mia moglie e mio figlio da 23 anni», evidenzia, «e quando il 13 maggio il sindaco ha firmato l’ordinanza ci siamo subito attivati per andare via. Il tempo di mettere insieme le cose più importanti e il 15 maggio ci siamo trasferiti a casa di mia madre». Da oltre due mesi, dunque, Orsini non mette piede nella propria abitazione, sia per paura di un possibile crollo dello stabile, sia per rispettare il provvedimento. «A distanza di tutto questo tempo, però», continua, «è assurdo notare che circa 7/8 famiglie proseguono a vivere nel palazzo, così come le attività commerciali al piano terra continuano a restare aperte e ad accogliere i clienti come se nulla fosse. Se il palazzo rischia di crollare, allora bisogna sgomberare tutto, altrimenti tutti dovremmo avere la possibilità di tornare a casa».
Il barbiere evidenzia come il suo atto di accusa non sia rivolto né nei confronti dei residenti che non hanno lasciato le proprie abitazioni, né di coloro che continuano a lavorare. «A restare nel palazzo, attualmente sono una coppia di anziani e diversi stranieri che davvero non sanno dove andare e nessuno se ne fa carico», prosegue. «Così come, se non ci sono rischi concreti o altre motivazioni valide, è giusto che le attività siano aperte. Quello che chiediamo, però, è chiarezza perché siamo di fronte a una situazione surreale». In particolare, Orsini contesta «la mancanza di informazioni chiare da parte dell’amministratore di condominio e l’inerzia dell’amministrazione comunale. È vero», continua, «che si tratta di un palazzo privato, ma in questo modo il sindaco ha dato anche un duro colpo al turismo nella sua città, dal momento che quasi tutti gli appartamenti sono utilizzati soprattutto come case per le vacanze».
La contestazione del barbiere e di tanti altri proprietari è che, se davvero c’è un rischio concreto, il Comune dovrebbe obbligare lo sgombero e sollecitare gli interventi di messa in sicurezza. «Siamo realmente in difficoltà», rivela, «mio figlio è stato anche bocciato a scuola perché a causa dello stress non è riuscito a recuperare le insufficienze, non riusciamo a trovare abitazioni a prezzi ragionevoli in questo periodo e stiamo iniziando ad assistere anche a episodi di sciacallaggio negli appartamenti. Il sindaco deve darci delle risposte». Intanto, in merito al mancato completamento dello sgombero, il primo cittadino replica: «Siamo in attesa della conferma di ricezione di tutte le notifiche, solo a quel punto potremo passare allo sgombero forzato del palazzo in accordo con il Prefetto».
©RIPRODUZIONE RISERVATA