IL "CAPO" TRASPARE A MODO SUO

7 Aprile 2013

 

Bella la democrazia trasparente. Quando riguarda gli «altri», però. Ricordate la scatoletta di tonno? Pardon, ricordate il Parlamento che andava scoperchiato affinché tutti i cittadini potessero liberamente guardare, ascoltare, sapere, capire? Sempre quando riguarda gli affari degli «altri», ovvero quegli inciucioni di Pd e Pdl. Che di schifezzucce da nascondere ne hanno, eccome.

La trasparenza invece non si usa quando ci sono decisioni importanti da prendere nella casa a 5 Stelle. Il nuovo che avanza si rifugia nel rigore della riservatezza. In un agriturismo di Fiumicino che ricorda vagamente la location partenopea scelta dal regista Matteo Garrone per la scena iniziale del suo bellissimo «Reality». In fondo ieri è andata in onda una sceneggiatura di successo: la segretezza, l'inseguimento, l'esclusione dei giornalisti, la beffa dei parlamentari pentastellati impegnati a fotografare fotografi e operatori tv, le mezze parole elemosinate a quei poveracci di cronisti: «Come è andata la riunione? Bene! Ottimo...».

Si divertono. Più di tutti il loro capo. Gigioneggia. Beppe Grillo è un artista vero; sa tenere la scena pure quando gli manca la battuta. Di fronte ai primi legittimi dubbi serpeggianti tra i suoi parlamentari sulla linea fin qui adottata, s'inventa un nuovo spettacolo chiamando a rapporto deputati e senatori. Tutti zitti, poco o nulla deve trapelare all'esterno.

Il non-movimento decide di non-informare. Perché così attira comunque attenzione e interesse. Queste stesse righe ne sono la riprova. La non-comunicazione come forma migliore di comunicazione. Specialmente se c'è il rischio serio di possibili defezioni rispetto all'intransigenza di Grillo convinto che non si possa collaborare in alcun modo alla nascita di un governo. Orgogliosamente prigionieri della propria minorità. Equidistanti dal Pd di Bersani e Renzi come dal Pdl di Berlusconi. Perché lo studio dei flussi elettorali conferma la provenienza pressoché equivalente dei voti sia dall'area di centrosinistra che di centrodestra. Grillo dunque non sceglie, non può scegliere. Non sa scegliere, forse. Otto milioni 700mila voti congelati.

Tsunami travolgente di cambiamento, di novità nella gestione della comatosa Repubblica. Ma non ora, non subito. Bisogna aspettare un salvifico giorno in cui il Movimento prenderà da solo la maggioranza. Per il momento chi ha votato 5 Stelle deve accontentarsi di aver testimoniato la propria rottura con il passato regime.

Aspettando che i due principali partiti antagonisti varino un governissimo, un'ammucchiata per cui la gente - parola di Grillo - li prenderà a bastonate per l'esasperazione. Insomma siamo all'edizione contemporanea del vecchio «tanto peggio, tanto meglio». O del velleitarismo rivoluzionario secondo cui il sistema non si cambia ma si abbatte.

Intendiamoci: questo sistema non si tiene più. Va cambiato. Nel rispetto delle regole costituzionali, ma con urgenza va ammodernato e moralizzato da cima a fondo. Comprensibile una certa delusione dell'elettorato, in particolare quello più orientato verso una possibile intesa con il Pd. Avverte la marginalità di una posizione che non incide nelle scelte di governo, che non affronta i temi della crisi, che non introduce alcun cambiamento nella pratica politica.

Anzi. Di fronte alla complessità dei problemi e delle conseguenti scelte per affrontarli Grillo obbliga i suoi alle non-decisioni. In coerenza con il non-partito uscito vincitore dalle urne, ma al momento incapace di gestire un successo così carico di responsabilità. La politica - secondo un'abusata definizione - è l'arte del possibile. Questa cui assistiamo però sembra la commedia dell'arte. E non fa neppure ridere.

@VicinanzaL

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