La generazione dei «sempretroppo»
Si parla tanto dei giovani che non trovano lavoro. Ed è giusto farlo: un Paese che non dà chance alle nuove generazioni, è destinato a naufragare nel grigiore di una vita senza innovazione, in un mondo in cui proprio la capacità di cambiare è la benzina del successo. Ma oggi vorrei dedicare questa colonna a persone un po' più vecchie dei venti-trentenni: parlo di chi sta a cavallo tra i 45 e i 55 e si trova nell'imbarazzante situazione di essere troppo vecchia per trovare il lavoro che ha perso e troppo giovane per pensare alla pensione.
Girando per l'Abruzzo, ho incontrato molti di questi uomini e donne: gente che parla della propria situazione usando aggettivi come 'degradante' e 'vergognosa'. Dalla Val Vibrata al Chietino, ho trovato persone che vivono come un lutto la mancanza di lavoro, umiliate più dal non poter dare un senso alle proprie giornate che dal dover affrontare una situazione economica che, pure, diventa ogni giorno più complicata. Tutti noi, che invece un lavoro ancora l'abbiamo, dovremmo renderci conto di una cosa: questa maledetta crisi, iniziata nel 2008 e lungi dall'essere finita, si porta dietro la triste novità di mettere in ginocchio anche aziende gestite con sacrificio e intelligenza, spazzate via dall’improvviso mutare delle condizioni dei mercati. E dentro a queste imprese operavano persone che sono state buttate via come una scarpa vecchia, nonostante sapessero lavorare con una maestria affinata in decenni di esperienza.
Che cosa si può fare per aiutare questa 'generazione dei ’sempretroppo'? Io credo che la prima mossa dovrebbe essere quella di azzerare la loro prima frustrazione: dar loro modo di far conoscere quello che sanno fare. Qualche giorno fa, a Colonnella, ho incontrato un ’esubero’ di una grande azienda di caloriferi. Mi diceva che l'avvilimento più grande gli viene dal rendersi conto che il curriculum che ha portato in decine di aziende viene cestinato senza neppure una sbirciatina. Eppure queste persone hanno mani e testa con le quali per anni hanno realizzato cose importanti: possibile che non si possa creare un luogo, fisico o virtuale, in cui ognuno possa spiegare che cosa può ancora dare all’economia di questa terra? Già, perché i giovani hanno almeno la possibilità di emigrare, avendo una vita davanti, mentre chi è nato negli anni '50 e '60 viene considerato poco credibile anche per trovare un'occupazione all'estero.
Scrivo queste righe, non a caso, in un giorno che sarebbe di festa. Perché quando si sta a casa sei giorni su sette, senza poter mettere piedi in un'officina o in un ufficio, anche nel settimo giorno si trova poco da festeggiare. Ti senti sempre fuori posto, sia quando gli altri lavorano, sia quando si riposano. Pensiamoci. E buona domenica a tutti. Nonostante tutto.