LA LIBERTÀ SUL WEB FINITA NEL MIRINO

19 Maggio 2013

 

La sequenza di attacchi subiti in pochi giorni da alcuni cardini della libertà di espressione online è preoccupante. Prima la terza carica dello Stato, Laura Boldrini, che chiede alla politica di «agire» contro minacce e insulti in rete. Poi la richiesta della seconda, Pietro Grasso, di nuove norme che «proteggano dal web», come fosse intrinsecamente un pericolo. Poi ancora Enrico Mentana che, abbandonando Twitter, ipotizza «l'obbligo di usare la propria vera identità», come nei social network cinesi. Minimo comune denominatore della discussione che ne è scaturita, l'equazione tra violenza verbale e anonimato. Che, anche se non lo si esplicita, si vorrebbe restringere. E pazienza non sia necessario per smantellare la rete dei presunti membri di Anonymous che attaccarono i siti di governo e Vaticano, mentre sia invece indispensabile per garantire il dissenso politico, tutelare le minoranze e – come dimostra la nuova piattaforma per l'invio sicuro di documenti del New Yorker, Strongbox – le fonti giornalistiche: tutto è sacrificabile all'altare della normalizzazione, se non della moralizzazione, delle conversazioni online.

Così, mentre si lamenta il «far west» di Internet, si moltiplicano i casi che dimostrano come all'opposto le norme ci siano eccome. E vengano applicate, sarà una coincidenza, con particolare durezza. A Varese, una blogger è stata condannata per diffamazione a causa dei commenti degli utenti. Al titolare del sito “Cartellopoli”, nato per documentare le affissioni abusive, è andata peggio: prima il sequestro, poi una sentenza da nove mesi di carcere e 20 mila euro di multa. Ancora, il blog di Beppe Grillo ha visto 22 commentatori indagati per «vilipendio» al capo dello Stato. L'ex comico ha ragione a sostenere che, se ciò dovesse risultare in una chiusura del sito, il paragone sarebbe di nuovo la Cina. Perché, come per l'anonimato, il principio è pericoloso e ricalca quello già contenuto nelle passate stesure della delibera Agcom sul diritto d'autore: non è responsabile chi scrive, ma chi lascia scrivere. Risultato? Sanzioni per l'omesso controllo, o del proprietario del blog o più radicalmente dell'intermediario – come si legge tra le righe della richiesta del Codacons di aumentare i poteri della Polizia Postale. E quindi, autocensura e il rischio chiusura per intere piattaforme.

Se non bastasse, si torna a parlare di intercettazioni, e del disegno di legge Alfano che al suo interno conteneva anche il cosiddetto «comma ammazzablog», che avrebbe imposto uno stringente e insensato obbligo di rettifica a ogni In un paese segnato da decenni di rissa politica anche e soprattutto verbale, il cuore del problema sembrano gli insulti su Twitter e Facebook. Dove si può finire indagati per un fotomontaggio ironico, come quello del presidente della Camera senza veli. Si replica così online l'illusione già sperimentata offline: che si debba sacrificare la libertà per la sicurezza. Non funziona, ma conforta. Il pericolo è che, cascando nella menzogna, si accetti lo scambio.

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