Lancia bomba carta allo stadio, un cavillo salva il tifoso violento

Daspo e obbligo di firma per un 27enne che scaglia l’ordigno in campo durante Ancona-Pescara Ma il tribunale marchigiano non rispetta i termini di difesa e l’ordinanza è annullata: niente sanzioni
PESCARA. Un tifoso pescarese sorpreso a gettare una bomba carta in campo – «già recidivo» e proprio per questo sfrattato per 6 anni da «tutte le manifestazioni sportive di calcio di qualsiasi categoria» comprese le partite della Nazionale e con l’obbligo di presentarsi agli uffici di polizia durante ogni sfida del Pescara – cerca (e trova) la sua rivincita alla Corte di Cassazione: per ora, ha battuto la questura di Ancona.
LANCIO SCOPERTO È il 37’ del primo tempo della partita del campionato di serie C tra Ancona Matelica e Pescara, il 22 dicembre dell’anno scorso, e il risultato è fermo sull’1-1: un petardo-fumogeno, scagliato dal settore dei tifosi biancazzurri, finisce dietro la porta del portiere pescarese Alessandro Iacobucci e un vigile del fuoco è costretto a intervenire per spegnere le fiamme. Un gesto che, per la questura marchigiana, non può restare impunito: ci vogliono quasi tre mesi per stanare il tifoso biancazzurro grazie alle telecamere dello stadio del Conero e per lui, un 27enne «recidivo» in quanto già beccato in precedenza a lanciare oggetti in campo, scatta il Daspo con il divieto di accedere a manifestazioni sportive in tutta Italia per 6 anni e con l’obbligo di presentarsi negli uffici di polizia durante le partite del Pescara. Un provvedimento deciso e confermato nel giro di un giorno. Ma, stavolta, la giustizia troppo veloce dà un assist involontario al tifoso facinoroso: l’ordinanza, applicata «senza valutare la memoria difensiva» del tifoso, è stata annullata e dichiarata «inefficace». A deciderlo è stata una sentenza della terza sezione penale della Corte di Cassazione, firmata dal presidente Vito Di Nicola.
DECISIONE LAMPO La sentenza della Cassazione, che ha accolto il ricorso del 27enne, ruota intorno al diritto di difesa negato: quasi tre mesi dopo la partita, il 14 marzo, arriva il Daspo e il provvedimento del questore anconetano Cesare Capocasa viene notificato al tifoso, nella sua abitazione di Pescara «alle ore 16.30 del 24 marzo». L’ordinanza, che dispone il divieto di accesso alle manifestazioni sportive per 6 anni e l’obbligo di firma durante le partite del Pescara, viene depositata in cancelleria il giorno successivo alle 14.30, «come da attestazione in calce». Un esempio di giustizia rapida? No, è troppo veloce, dicono adesso i giudici della Cassazione: «Al fine di assicurare effettività al principio del contraddittorio cartolare», spiega la sentenza, «la convalida del gip non può intervenire prima che sia trascorso il termine di 48 ore, decorrente dalla notifica all’interessato».
«MEMORIA IGNORATA» Un altro passaggio precisa: «Il mancato rispetto di tale termine dilatorio di 48 ore, necessariamente finalizzato a consentire l’effettivo esercizio del diritto di difesa, è fonte di nullità. Nel caso di specie il termine è stato palesemente disatteso; un’ordinanza che non ha rispettato il termine delle 48 ore appena richiamato e, peraltro, non ha valutato la memoria difensiva inviata via pec il 26 marzo 2022, alle ore 10.38». La sentenza dice che il Daspo resta ma l’obbligo di firma no: «Ne consegue l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, nonché l’inefficacia del provvedimento del questore di Ancona limitatamente all’obbligo di presentazione».