Le case popolari del Comune affidate in gestione agli inquilini

L’amministrazione senza soldi assegna alle famiglie assegnatarie pulizia e manutenzione degli edifici La commissione ha già approvato la delibera: tutti d’accordo per cominciare dal primo gennaio

PESCARA. Stop alle case popolari sporche e fatiscenti, gestite talvolta malamente in passato dal Comune per mancanza di soldi. L’ente ora affiderà direttamente agli inquilini l’onere dei servizi condominiali. Nel prossimo futuro, ci penseranno gli assegnatari degli alloggi comunali alla pulizia delle scale e alla manutenzione delle parti degli edifici. L’amministrazione, a corto di denaro, ha deciso di adottare una nuova formula per risparmiare sulle spese. Questa formula, peraltro prevista da una legge regionale del 1996 e mai attuata, si chiama autogestione.

La rivoluzione è contenuta in un regolamento, presentato dall’assessore alle politiche della casa Adelchi Sulpizio e approvato ieri, all’unanimità, dalla commissione Gestione del territorio e ora il provvedimento approderà in una delle prossime sedute del consiglio comunale per il varo definitivo.

Le nuove regole, già adottate con successo dai Comuni di altre regioni, dovrebbero entrare in vigore dal primo gennaio dell’anno prossimo, ma l’opposizione ha già chiesto la sperimentazione di un anno per verificare l’effettivo funzionamento dell’autogestione. Sta di fatto che per gli inquilini cambierà un po’ tutto. Non dovranno più pagare le quote per le spese di gestione degli edifici al Comune, ma ci sarà un amministratore che si occuperà di tutto, come nei condomini privati. L’ente ridurrà le spese ma, secondo i consiglieri che ieri hanno approvato la delibera, dovrebbero risparmiare anche gli inquilini.

Quali sono gli obiettivi. Il regolamento prevede l’affidamento della gestione dei servizi accessori e degli spazi comuni agli assegnatari. In particolare, l’autogestione riguarderà la conduzione e la manutenzione ordinaria dei servizi comuni; la pulizia e l’uso delle parti comuni; la fornitura dell’acqua, dell’energia e del riscaldamento e poi anche la manutenzione ordinaria degli ascensori, la conduzione dei depuratori, l’asportazione dei rifiuti solidi.

Sarà poi compito dei condomini affidare le manutenzioni a ditte specializzate.

Gli organi dell’autogestione. Nasceranno una sorta di condomini privati con tanto di amministratori. Più precisamente, ci saranno le assemblee degli assegnatari, i presidenti e i comitati di gestione, ma solo per gli edifici con più di venti alloggi.

Tuttavia, per assicurare una corretta gestione dei servizi e degli spazi comuni, gli inquilini potranno avvalersi di professionisti esterni. Verranno anche redatti dei bilanci, come le aziende. L’assemblea si riunirà in via ordinaria almeno una volta all’anno e, comunque, non oltre i 60 giorni dalla chiusura dell’esercizio finanziario fissata per il 31 dicembre di ogni anno. L’assemblea avrà pieni poteri, anche quello di revocare l’autogestione, nel caso non dovesse funzionare perfettamente, nonché nominare il presidente e l’eventuale comitato di gestione. Invece, il presidente avrà il compito di redigere i preventivi delle spese, le quote da pagare a carico di ciascun assegnatario. Il comitato di gestione, infine, si dovrà occupare del funzionamento dei servizi, di fare osservare le norme del regolamento e di dirimere eventuali controversie riguardo ai servizi offerti.

Chi non paga. «Nessun assegnatario», avverte il regolamento del Comune, «potrà sottrarsi al pagamento delle spese comuni deliberate dall’assemblea, neppure rinunciando ai diritti spettanti su impianti, servizi o parti di uso comune». «Ma non si potranno escludere casi di morosità. In questo caso un apposito articolo del regolamento dice chiaramente: «La morosità nel pagamento dei servizi è equiparata a quella relativa al canone di locazione. In caso di inottemperanza e di mancata sanatoria, scaduto il termine fissato, l’ente gestore potrà esperire azione giudiziaria di risoluzione contrattuale, con conseguente azione di sfratto». E ancora: «Qualora l’assegnatario si sia reso moroso per un periodo superiore a sei mesi, il Comune pronuncia la decadenza».

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