Mascia resta sindaco, Testa invece lascia

Il primo cittadino: «Sono io il candidato naturale, quindi non me ne vado». Il presidente della Provincia firma le dimissioni

PESCARA. Ore 12: il presidente della Provincia Guerino Testa firma le dimissioni. Ore 16: Luigi Albore Mascia convoca una conferenza stampa per annunciare che resterà alla guida dell’amministrazione comunale sino alla scadenza naturale del suo mandato ad aprile, perché le dimissioni non sono necessarie. «Io sono il candidato sindaco naturale», dice. Un colpo di scena? Non proprio, perché già giovedì scorso, cioè 24 ore prima della conferenza stampa, Mascia aveva lasciato intendere di averci ripensato sulle dimissioni preannunciate nei giorni precedenti. Una mossa tattica del primo cittadino che ha spiazzato di fatto il presidente della Provincia, convinto di fare il grande passo delle dimissioni insieme al suo ex collega di partito. Dimissioni indispensabili per poi candidarsi alla Regione come consiglieri. Ma nessuno dei due, in realtà, è intenzionato a correre per la Regione, entrambi puntano a fare il sindaco e le dimissioni di Mascia sarebbero state solo di ripiego per garantirsi un incarico nel caso la coalizione dovesse decidere di candidare a sindaco qualcun altro.

Mascia resta. È scaduto ieri a mezzanotte il termine per dimettersi e Mascia non lo ha fatto. Ha spiegato così la sua decisione di non lasciare in anticipo il Comune in una conferenza stampa, alla quale era presente anche il senatore di Forza Italia Antonio Razzi. «Credo che un sindaco uscente che ha ben lavorato, che ha guidato bene la propria squadra, pur con qualche ostacolo politico e non parlo del Pdl, né di Pescara futura», ha affermato, «abbia il diritto di riproporre la propria candidatura e abbia il diritto di sottoporsi alla verifica degli elettori su ciò che ha fatto». E poi ha aggiunto: «Io ho voluto fare il sindaco, ho avuto il consenso, ho sottoscritto un patto con gli elettori e vado fino in fondo, non mi dimetto, precludendomi ogni possibile alternativa e lo faccio con consapevolezza e con convinzione, per rispetto dei miei elettori». «Questa opportunità di candidarsi», ha osservato il primo cittadino, «me la deve dare il partito e credo che me la debba dare la coalizione. Noi siamo arrivati fino in fondo, abbiamo incontrato momenti difficili, senza mai ricorrere all’escamotage delle dimissioni».

Un messaggio preciso, quello del sindaco di Forza Italia, diretto soprattutto al Nuovo centrodestra, il partito di Testa, intenzionato a candidare alla carica di sindaco il presidente della Provincia dimissionario. Messaggio lanciato alla fine di un lungo discorso, in cui il sindaco ha ricordato i risultati più importanti raggiunti durante questi cinque anni di consiliatura. Dalle grandi opere pubbliche, ai servizi sociali, fino agli interventi di emergenza realizzati dall’assessorato alla protezione civile. «Rispetto la decisione di Testa», ha concluso Mascia, «che oggi si trova presidente di un ente giunto su un binario morto e quindi ha deciso di tentare altre strade».

Testa si è dimesso. «Ho deciso di dimettermi», ha spiegato il presidente della Provincia in un’altra conferenza stampa convocata in mattinata, «perché il mio partito mi ha chiesto di mettermi a disposizione, in vista delle prossime competizioni elettorali, alla Regione e al Comune. Ora saranno il partito e la coalizione a decidere dove il mio impegno, la mia esperienza e la mia voglia di fare potranno essere spesi meglio». Testa ha poi fatto un bilancio dell’attività svolta dalla sua giunta. «Grazie al buon lavoro di squadra», ha sottolineato, «abbiamo spalmato sul territorio 63 milioni di euro di lavori pubblici, senza contrarre mutui e senza poterci indebitare». Testa ha ricordato, tra le varie opere, l’impulso dato al settore dell’edilizia scolastica e la battaglia vinta contro il pedaggio dell’Asse attrezzato.

Critico il Pd. Duro il commento del capogruppo Pd a Porta Nuova, il renziano Giacomo Cuzzi, sulle dimissioni del presidente della Provincia: «Credo che il Pd abbia perso una grande occasione per sancire il fallimento dell’operato della sua amministrazione ed è stato il presidente a mandare a casa tutti».

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