Città Sant’Angelo

Morì nell’esplosione, dopo 12 anni la Cassazione dà ragione ai parenti: «Violato il dovere di prudenza»

19 Ottobre 2025

La causa di lavoro portata avanti dai familiari di Roberto Di Giacomo, tra le 5 vittime di luglio 2013: «Spiccata pericolosità del materiale esplodente»

PESCARA. Ci sono voluti 12 anni e tre gradi di giudizio affinché riuscissero a ottenere giustizia i familiari di una delle cinque vittime della devastante esplosione della fabbrica di fuochi d’artificio “Pirotecnica Abruzzese” di Villa Cipressi a Città Sant’Angelo. Era il 25 luglio 2013 quando quell’esplosione, avvertita in un raggio di 40 chilometri, provocò un vero e proprio inferno.

Oltre 100 quintali di materiale esplodente che sventrarono una intera collina e rasero al suolo sette depositi uccidendo il titolare, Mauro Di Giacomo (45 anni), il figlio Alessio (22 anni), lo zio Federico Di Giacomo (50 anni) e il nipote Roberto Di Giacomo (39 anni) e circa tre mesi dopo, in seguito a quelle gravi ferite, morì anche il vigile del fuoco di Montesilvano Maurizio Berardinucci (47 anni).

A promuovere la causa di lavoro erano stati i familiari di Roberto Di Giacomo, nipote e dipendente della società, assistiti dall’avvocato Leo Brocchi. Ma sia in primo grado a Pescara, sia in secondo grado all’Aquila, i giudici rigettarono le richieste di risarcimento danni con delle motivazioni che i giudici della Corte di Cassazione hanno ora annullato, disponendo un nuovo processo d’appello, ma indicando alla Corte aquilana delle precise linee da seguire: «È certamente errata», scrivono gli ermellini, «l’affermazione della Corte territoriale, secondo cui il danneggiato dovrebbe non soltanto allegare, ma altresì dimostrare l’inadempimento» che nel caso specifico riguarda le misure di sicurezza. In quella ditta era presente molto materiale esplodente di natura diversa, tanto che i giudici romani lo sottolineano quando parlano della consulenza tecnica che non venne adeguatamente valutata dalla Corte aquilana.

«Pur prendendo in esame e dando rilievo agli accertamenti compiuti dal perito nominato dal pm nel procedimento penale, i giudici d’appello non hanno dato rilievo a quella parte della relazione in cui il perito ha accertato la presenza di un notevole quantitativo di materiale esplosivo ed esplodente fuori dell’area del deposito autorizzato (352 kg di esplosivo, 33 detonatori a miccia di origine militare, 200 kg di esplosivo occultato in un casotto esterno alla recinzione, 10.000 accenditori in una stanza), come specificamente riportato dai ricorrenti. Trattasi di circostanza che, per come accertata dai giudici d’appello, è sussumibile nell’ambito dell’articolo 2087 del codice civile, sotto il profilo della violazione del generale dovere di prudenza, dovere tanto più rigoroso e stringente in quanto necessariamente correlato alla spiccata pericolosità del materiale esplodente oggetto dell’attività imprenditoriale».

E l’avvocato Brocchi, nel suo ricorso in riassunzione, ha evidenziato questa stessa violazione, sottolineando che «non potendo dubitarsi, per la peculiarità della fattispecie concreta, della configurazione dell’evento quale infortunistico “tout court”, in base al duplice elemento rinvenibile nella causa violenta e nell’occasione di lavoro, nonché in presenza del diretto nesso causale tra esse e il decesso del giovane lavoratore, in un primo momento risultato disperso, e successivamente rinvenuto, orribilmente dilaniato dall’esplosione, a circa 500 metri di distanza».

E ancora, il legale della famiglia di Roberto Di Giacomo ribadisce come «quella pirotecnica è attività intrinsecamente e legalmente pericolosa: opera pertanto la regola dell’onere rafforzato del custode/esercente di dimostrare l’adozione di tutte le misure idonee a neutralizzare o ridurre al minimo tecnicamente possibile il rischio». Ed ecco il motivo per cui la Cassazione ha imposto al giudice del rinvio una verifica puntuale su tali regole nominate in relazione ai fatti e in particolare a quel materiale fuori deposito. E dunque, con questo nuovo processo d’appello, la famiglia potrà ottenere quel risarcimento che l’avvocato Brocchi ha quantificato in un milione di euro.

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