Museo del Mare, ultima spiaggia: ci sono i fondi per farlo rinascere 

Spiraglio a 22 anni dalla progettazione e 8 anni dopo l’inaugurazione dell’opera lasciata in abbandono Il Comune si prepara a far ripartire i lavori con i soldi del Masterplan. Frena M5s: «Situazione tragica»

PESCARA. Un incarico per la sua progettazione assegnato nel 1999. L’inaugurazione, di uno solo dei tre piani, 14 anni dopo, nel 2013. In mezzo, 10 micro appalti, 2 milioni e mezzo di euro stanziati. Da allora un paio di aperture temporanee, con mostre tematiche. Poi, il nulla.
Il Museomare sul lungofiume Paolucci è lasciato a se stesso. La struttura giace da anni nella desolazione di un luogo dimenticato. L’intonaco bianco è ingrigito dal tempo, con parti del tutto staccate. Lunghe crepe segnano alcune delle ariose vetrate pensate per dare respiro alla facciata e lasciar dialogare lo spazio interno con quello esterno.
Sui prati dell’area antistante qui e là giacciono parti di palme cadute. Sulla sua storia, iniziata in modo travagliato, sembra accendersi oggi un flebile barlume di speranza. Sono pronti per la riqualificazione 600 mila euro dei fondi Masterplan. L'investimento inizialmente previsto per il suo completamento doveva ammontare a 4,5 milioni di euro, ma 3,9 sono stati dirottati sull'area di risulta. Nonostante il taglio netto dei fondi però, sembra ricominciare l’iter per la riqualificazione del polo culturale dedicato alle specie ittiche e intitolato al suo fondatore (negli anni ’50) Guglielmo Pepe.
IL RECUPERO La struttura comunale è all’opera per la predisposizione del progetto esecutivo. La questione è stata affrontata nei giorni scorsi nella seduta di commissione Cultura, presieduta dalla consigliera Manuela Peschi, con l’audizione del rup Raffaella Bettoni. Un primo cronoprogramma prevede entro il 31 maggio la consegna del progetto esecutivo, a fine agosto l’aggiudicazione dell’appalto per far partire i lavori nel 2022 e arrivare al collaudo dell’opera ad aprile 2023. «Contestualmente», fa sapere la presidente Peschi, «si lavorerà per l'affidamento dell’incarico di allestimento. Un punto importante del progetto per capire come verrà migliorata la struttura, in modo da valorizzarla al meglio, rendendola moderna e attrattiva». Dubbi sulla tempistica arrivano dai consiglieri pentastellati Erika Alessandrini e Giampiero Lettere che, con il gruppo consiliare, esattamente un anno fa promossero un sopralluogo all’interno dell’immobile. «Sono passati 20 anni e la situazione in cui si trova il museo è tragica», analizza Alessandrini. «Abbiamo fatto richiesta per capire, sulla base dei ridotti fondi disponibili, a cosa si darà la priorità».
LA STORIA Era il 1999 quando la prima giunta Carlo Pace affidò il progetto di realizzazione dell'opera agli architetti Lucio Rosato e Ermano Flacco.
«Partecipammo a un concorso pubblico», ricorda Rosato, «ma di fatto il progetto così com’era stato pensato non vide mai la luce». Il museo, che sorge sulle ceneri dell'istituto Di Marzio, doveva comporsi di due blocchi. Quello visibile oggi, nato dalla riqualificazione dello stabile preesistente, di cui era stata demolita una parte, doveva essere dedicato ai servizi, alla biblioteca e alle mostre temporanee. A inglobare la facciata e a colmare il vuoto che si trova davanti alla scatola di vetro, doveva svilupparsi una seconda struttura «concepita come una nave, con ponti di collegamento per rendere funzionali gli spazi. Quella doveva essere il nuovo nucleo del museo, in acciaio, vetro e legno, pensato in un’ottica sostenibile. Ma non venne mai completato. Un architetto è la madre di un progetto, ma questo museo», riflette Rosato «non ha mai avuto un vero padre. I continui rinvii tra le varie amministrazioni hanno portato oggi a questa situazione. È un dolore per me passare lì davanti e vedere questo luogo che sta come una balena spiaggiata sotto i nostri occhi e lentamente si decompone lasciando il suo scheletro».
I REPERTI All'interno trovarono spazio migliaia di conchiglie di tutto il mondo, una sezione dedicata alle tartarughe marine e una collezione di scheletri di cetacei del Mediterraneo. L’esposizione comprendeva anche un esemplare di capodoglio e uno di balenottera comune, recuperati in anni di lavoro da Vincenzo Olivieri, direttore sanitario e presidente del Centro Studi Cetacei che curò le uniche due aperture del museo che riguardarono esposizioni tematiche sugli animali marini protetti. Lo stato di abbandono del museo del Mare chiuso non riguarda solo la struttura, che dentro presenta numerose criticità, tra infiltrazioni, pezzi di solaio crollati, pavimenti ammalorati e i due piani superiori dichiarati inagibili, ma lo stesso patrimonio imprigionato al suo interno.
«Allo stato attuale i due grandi scheletri di un capodoglio e di una balenottera comune», spiega Olivieri, «sono in un’ala del mercato ittico, peraltro dichiarata inagibile, dove era allestita una mostra di animali marini protetti. Gli altri scheletri di cetacei, e le tartarughe marine sono nella sede del museo del Mare. Questo polo ha una collezione cetologica di notevole riguardo e potrebbe davvero rappresentare un punto di riferimento per l'Adriatico, per quanto riguarda il rapporto che c’è tra animali marini e attività umane nel mare, mantenendo la sua originaria tipicità di museo dei prodotti della pesca. Si affronterebbe il problema della tutela delle specie protette e dell'enorme sforzo di pesca e delle altre attività dell’uomo legate al mare, e come queste vanno spesso in contrasto con le popolazioni di animali marini. Ci sarebbe almeno bisogno di un sopralluogo per valutare l'attuale stato di conservazione dei reperti», avvisa Olivieri. «Questo stato di abbandono», conclude il presidente del Centro studi Cetacei, «rappresenta un danno economico, patrimoniale e culturale».
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