PESCARA

Nuovo Pronto soccorso, vecchi problemi con file e disagi. Il primario: mancano i medici

Allarme del primario Albani: «In un anno abbiamo perso 5 unità. Senza personale i tempi di attesa dei pazienti si allungano»

PESCARA. Attese lunghe, lunghissime, snervanti e anche avvilenti. È un problema che non accenna a risolversi, quello delle file interminabili al Pronto soccorso. I nuovi locali, inaugurati il 16 luglio, non hanno cambiato la situazione che era e resta drammatica per via del numero enorme di accessi, che aumenta nel periodo estivo, ma anche per una carenza di personale che appare irrisolvibile. C’è chi attende ore e ore, insieme a decine di persone, se non giornate intere, e c’è chi staziona al pronto soccorso anche quattro giorni, prima del ricovero.

Spiega come stanno le cose il primario, Alberto Albani (nella foto), che sviscera con lucidità la questione ma appare disarmato. «Le condizioni dei pazienti che arrivano al pronto soccorso sono più gravi rispetto al passato: per via della pandemia l’assistenza di cui hanno beneficiato durante l’emergenza Covid è stata diversa, sia dai medici di base, sia dall’ospedale, dove gli accessi erano limitati. E quindi, per trattare questi pazienti in pronto soccorso, occorre più tempo così come i reparti impiegano più tempo a dimetterli, proprio per le condizioni generali di salute e delle cure di cui hanno bisogno. Si crea un rallentamento, cioè una catena di rallentamenti, che esiste qui ma esiste anche altrove, in altri ospedali del paese, e per capire i motivi bisogna guardare anche alle carenze del territorio», dice il primario. Questi limiti del sistema generano un numero di accessi al pronto soccorso difficile da gestire, tanto più che «ci sono pochi medici rispetto al necessario. Siamo venti, in servizio, ma ne servirebbero almeno altri dieci, e nell’ultimo anno ne abbiamo persi cinque che non sono stati rimpiazzati. Il problema non è di facile soluzione perché non c’è la disponibilità di medici emergenzisti, a livello nazionale. Basti pensare che il 40% dei posti delle scuole di specializzazione in medicina d’urgenza resta vuoto, per mancanza di iscritti, e chi frequenta queste scuole sa già che prenderà una strada diversa, lavorerà altrove, dopo un primo passaggio al pronto soccorso». Si scelgono strade diverse perché questa è una «vita professionale durissima, c’è un mancato riconoscimento economico e si va incontro alla possibilità di contenziosi, con il rischio di condanne penali (l’Italia è uno dei due soli paesi al mondo in cui esiste il reato penale per la professione medica, in tutto il mondo esistono solo cause civili)».

Le speranze sono riposte in un concorso che «prevede 17 assunzioni tra Pescara, Penne e Popoli, ma fino a un paio di settimane fa era arrivata una sola domanda (per 34 posti a concorso in tutta la regione). È facile intuire, quindi, che a Pescara non arriverà nessuno e che il concorso andrà deserto. Il problema va ben oltre i confini della regione, andava e va affrontato a livello nazionale e invece l’unico provvedimento adottato è stato l’aumento dei posti nelle scuole di specializzazione, che non ha risolto niente. La richiesta delle Asl resta altissima a fronte di poco personale specializzato che, proprio per questo motivo, ha potere decisionale, può scegliere la propria destinazione».

Il personale il servizio fa il possibile. «Noi cerchiamo di assicurare assistenza a tutti», chiarisce, ama i tempi di attesa, nonostante l’attivazione del nuovo pronto soccorso, restano lunghi per tutti questi motivi. Un concetto, questo, che era stato già chiarito il giorno dell’inaugurazione dei nuovi spazi, pur assicurando locali più confortevoli. C’è anche chi resta in pronto soccorso per più giorni, è vero, ma avviene unicamente a chi è in attesa di ricovero, e per rispondere a questa necessità sono stati predisposti dei letti tecnici. Non sono persone che restano sole, senza assistenza. Sono loro, però, a pagare per errori di programmazione commessi a livello nazionale centrale e per scelte che continuano ad essere sbagliate».

Parla di «fallimento politico del centrodestra» il vicepresidente del Consiglio regionale Domenico Pettinari che si augura «una scossa sulle comode sedie della Regione e che finalmente si agisca per risolvere problema e non solo per mettersi in posa davanti a una telecamera». «Si tagliano nastri di scatole vuote - dice - si fanno foto e grandi passerelle su operazioni di costruzione, tra l’altro partite decenni prima del loro ingresso in Regione, dando l’illusione di agire, ma i problemi non si risolvono e questo è inaccettabile. Denunciamo da tempo la cronica mancanza di medici e la carenza dei servizi di medicina territoriale che avrebbero il compito di diminuire e filtrare gli ingressi in pronto soccorso, ma sono denunce che rimangono inascoltate da chi ha il dovere di agire e siede sui banchi del comando in Abruzzo».