L'ANALISI

Ora va affrontato il nodo dei giovani

Il docente universitario riflette sull'andamento dell'economia abruzzese

Nel corso di quest’ultimo decennio l’economia abruzzese ha attraversato un periodo di grande difficoltà. In primo luogo, ha dovuto affrontare la crisi finanziaria del 2007-2008, che ha colpito soprattutto le esportazioni della regione, dando luogo a un primo rallentamento dell’attività economica. A questo evento si è poi aggiunto il devastante terremoto del 2009, che ha coinvolto circa il 22% del territorio abruzzese e l’11% della popolazione, determinando un’ulteriore caduta del Pil regionale (-6,4% nel 2009). Successivamente si è incardinata l’altra crisi, quella relativa al debito sovrano, che ha prodotto notevoli effetti negativi sulla domanda interna e sulle piccole imprese, spingendo ancora verso il basso i livelli occupazionali. Nel momento in cui cominciava a delinearsi una ripresa sia pure di modesta dimensione, ma che comunque tendeva a invertire la precedente lunga recessione, ecco che si registra un nuovo e grave fattore critico, da attribuire al sisma e al maltempo del mese di gennaio.

Una calamità naturale di non trascurabile entità poiché distrugge capitale fisico, intacca pesantemente il tessuto economico e implica disgregazione sociale, le cui ripercussioni non cadranno solo sul territorio dove si è verificato il disastro ma tenderanno ad influenzare l’intero percorso di crescita della regione. Una situazione che è anche frutto dei tagli continui negli investimenti pubblici e della mancata crescita economica, fattori che hanno determinato una minore capacità a fronteggiare le emergenze e a consentire la cura del territorio da parte della pubblica amministrazione. L’auspicio è che il processo di ricostruzione possa realizzarsi in tempi rapidi e possa ispirarsi ad alcuni principi fondamentali, quali la trasparenza, l’efficienza e la condivisione operativa fra i vari attori istituzionali.

L’obiettivo è quello di non interrompere la leggera fase di ripresa in atto. Infatti, lo stesso dato occupazionale sembra proporre una timida inversione di tendenza dopo le consistenti perdite del passato. Secondo l’Istat, l’occupazione in Abruzzo nel 2016 è aumentata di 6 mila unità, con un tasso complessivo di crescita dell’1,4%. Diminuisce anche il tasso di disoccupazione, che presenta un valore del 12,1%, in calo rispetto all’anno precedente dello 0,5%, ma purtroppo ancora lontano dal periodo pre-crisi. Rispetto a quest’ultima fase incidono negativamente le difficoltà che ancora accompagnano il settore terziario e il commercio, a causa della debolezza dei consumi e delle aspettative incerte delle famiglie. Il dinamismo di quest’ultimo anno, che ha prodotto un incremento di circa 5 mila unità, concentrate nelle province di Pescara e L’Aquila, non è tuttavia sufficiente a compensare il tracollo che questo settore ha dovuto sopportare in questo decennio di crisi. Viene confermata invece la vocazione industriale della regione, tenuto conto che l’occupazione nella manifattura mostra una significativa tenuta, rispetto sia al 2015 che al 2008. La presenza di industrie di eccellenza, posizionate sui livelli alti della comp. etizione, contribuisce a spiegare il fenomeno. Un elemento che merita attenzione riguarda la disoccupazione giovanile, che si attesta ancora oggi su valori decisamente elevati, pari a circa il 38,8%. Il fatto è che dalla fase recessiva in poi tende ad aumentare l’età media degli occupati, come mostrano le variazioni percentuali per classi di età, in cui a un andamento occupazionale crescente nella fascia 55-64 anni (+17,3 punti percentuali), si accompagna una consistente diminuzione nelle classi 15-24 (-8,2) e 25-34 (-12,3). Una sproporzione evidente, sia pure attenuata dalla dinamica crescente fatta registrare nel corso del 2016.

Sembra che gli sgravi contributivi previsti dal Jobs Act siano stati utilizzati più per stabilizzare lavoratori in precedenza occupati piuttosto che favorire un apprezzabile ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. La questione giovanile rappresenta dunque la grande debolezza del sistema economico, la vera emergenza. In un’economia che muta velocemente e che tende ad alterare il rapporto lavoro-tecnologia a favore di quest’ultimo fattore, posizionarsi sul versante della qualità e della conoscenza diventa un obiettivo prioritario. L’esclusione dei giovani dal mercato del lavoro ritarda i processi innovativi, spiega la lentezza con cui si manifesta la produttività del lavoro e innalza il tasso di invecchiamento della popolazione abruzzese. È la competitività che detta i ritmi della crescita economica, anche se allo stato attuale la catastrofe di pochi mesi fa induce a non poca cautela circa le prospettive di crescita della regione. L’esigenza di messa in sicurezza del territorio diventa una priorità fondamentale.

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