Orsi nel Parco d’Abruzzo «La convivenza funziona»

12 Aprile 2023

L’ex direttore Tassi: «E quando entrano nei paesi la colpa è tutta dell’uomo»

PESCARA. Trentatrè anni a capo della più antica e famosa area protetta d’Italia, il Parco nazionale d’Abruzzo, docente di ecologia, studioso, naturalista, manager e scrittore. All’orso Franco Tassi ha dedicato anche un libro, Orso vivrai, e quando spiega perché le tragedie con gli animali selvatici dipendono sempre dall’uomo, si rimane impressionati dalla passione e dalla competenza. In quest’intervista, Tassi ci racconta, tra storia e attualità, il suo punto di vista.
La tragedia in Trentino ha riaperto il discorso sulla convivenza tra fauna selvatica e l’uomo. Come è la situazione in Abruzzo?
Il discorso, per quanto riguarda l’Abruzzo, è che la presenza dell’orso si è consolidata nella storia, nel corso di migliaia di anni. E in questo lungo lasso di tempo, una grande percentuale di orsi ha imparato che deve evitare l’uomo. Fino a quando sono stato direttore del Parco nazionale d’Abruzzo, l’orso ha sempre evitato l’uomo, perché associava l’odore dell’uomo al pericolo, come fanno del resto i lupi. Questa è una delle diversità tra Abruzzo e Trentino. C’è anche un’altra diversità tra i due territori. L’orso marsicano vive storicamente in zone dove poteva venire a contatto con l’uomo, quindi tutti gli esemplari più aggressivi – perché anche tra gli orsi, come per l’uomo, ci sono caratteri più aggressivi e più mansueti – sono stati abbattuti. C’è stata una selezione naturale.
E in Trentino invece?
Il Trentino aveva distrutto completamente la sua popolazione di orsi. Poi si sono accorti che i plantigradi potevano essere un richiamo turistico eccezionale. C’è anche uno studio che ha equiparato la presenza degli orsi a una campagna pubblicitaria milionaria. Così, grazie ai contributi dell’Unione Europea, c’è stata la reintroduzione. Vennero anche da noi del Parco d’Abruzzo intorno agli anni Ottanta. Andai io stesso a un convegno in Trentino, dove sconsigliai di fare un’introduzione forzata, perché gli orsi si trovano spaesati in un territorio completamente diverso da quello a cui sono abituati. In Slovenia, dove gli orsi trentini sono stati presi, i territori di riferimento sono poco antropizzati. In Trentino, invece, c’è un’alta concentrazione di umani, tra gli allevamenti di bovini e la pratica di ogni genere di sport. I boschi sono popolati da runner, ciclisti in mountain bike, addirittura persone con i cani, una cosa folle sia per l’odore, sia per i versi dell’animale.
Come doveva essere condotta quella reintroduzione?
L’orso stava già tornando, bisognava solo creare per loro dei corridoi ecologici. Il Trentino esporta mele, ci sono tantissimi frutteti: bisognava creare dei corridoi biologici nei frutteti, zone senza pesticidi dove le mele potevano marcire sul terreno e attirare l’orso in maniera naturale. In questo modo, si sarebbero stabiliti spontaneamente nelle zone più tranquille, poco antropizzate, non sarebbero stati depositati in maniera incontrollata ovunque.
E questa aggressione al runner come si poteva evitare?
Storicamente, quando ci sono state aggressioni è sempre stata colpa dell’uomo. A quello che so io, nella zona degli incidenti si conta una ventina di orsi, un numero anormale, causato proprio dagli allevatori che non fanno recinti, non usano cani come i pastori abruzzesi, efficacissimi. Per cercare di allontanare gli orsi dagli allevamenti, è stato messo del cibo in zone precise, ma in questo modo gli orsi si sono concentrati in un unico luogo, attirati dal fatto di potersi alimentare facilmente.
Anche in Abruzzo, però, ultimamente si vedono gli orsi marsicani nei paesi…
Infatti, negli ultimi vent’anni anche in Abruzzo è aumentata la vicinanza degli orsi all’uomo. Ma è sbagliato, vengono nei villaggi, a Scanno e a Villalago per esempio, ma sempre per colpa dell’uomo. Ora questi orsi vengono chiamati “problematici”, ma sarebbe più giusto usare il termine inglese “spoiled”, cioè “viziati”: ma siamo noi che li abbiamo deviati, offrendo loro cibo. Poi c’è un altro fatto, tempo fa dei ricercatori, all’insaputa del Parco, a cui non avevano chiesto autorizzazioni, hanno iniziato a fare ricerche usando attrattori di tipo alimentare, lasciando carne di pollo sui recinti. L’orso ha un fiuto eccezionale: attirato dall’odore mangiava il pollo e lasciava, così, il pelo sul filo spinato, pelo da cui venivano tratte informazioni genetiche. Ma dopo questa pratica, l’orso si è abituato all’odore del pollo, facendosi attrarre dai pollai nei paesi. Gli orsi e i lupi dovrebbero stare lontanissimi dall’uomo: prima associavano l’odore dell’uomo al pericolo, ora invece l’associano al cibo.
Il governatore della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, dice che gli orsi sono troppi e che bisogna abbatterne alcuni: è d’accordo?
No, questo è solo un pretesto. Potrei capire al massimo l’abbattimento di quello aggressivo, ma poniamo che sia una femmina. Il suo patrimonio genetico sarebbe importantissimo, al limite si potrebbe mettere in cattività, in un’area protetta, anche visitabile dai turisti magari. Ma gli orsi dovrebbero essere invogliati a tornare nelle zone senza attività umane, zone di riserva integrale dove gli uomini non dovrebbero circolare.
Se in Trentino i plantigradi preoccupano per il numero, in Abruzzo, secondo alcuni, l’orso marsicano rischia l’estinzione. Come mai?
Per l’orso marsicano in realtà non c’è un vero censimento, ci sono esemplari a Rosello, in alcune zone del Lazio, sulla Majella, ma di questi mancano i numeri esatti. Secondo me non c’è pericolo di estinzione, ma un modo per sventare questo pericolo sarebbe di farli riprodurre anche in cattività, prendendo magari quelli feriti o non più autosufficienti. I cuccioli poi sarebbero ricondizionati alla vita selvatica.
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