Fiorillo, la partita del cuore: «Pescara è un po’ casa mia»

Il portiere sabato prossimo tornerà da rivale all’Adriatico-Cornacchia con la Carrarese: «Ho vissuto momenti unici, è stata dura andare via. Vorrei chiudere qui la carriera»
PESCARA. La prossima partita in casa del Pescara con la Carrarese, sabato prossimo alle ore 15, è una di quelle che capitano nei momenti topici della stagione. Un match crocevia con i toscani, a quota 10 punti in classifica e reduci da un 3-0 casalingo contro la Juve Stabia. Una partita da batticuore, insomma. E il cuore di Vincenzo Fiorillo, portiere di 35 anni attualmente alla Carrarese, per molti anni protagonista con il Pescara, in questi giorni batte nell’attesa di un appuntamento con il passato: «Alla mia famiglia e agli amici più stretti, ho confidato che sarà affascinante tornare allo stadio Adriatico-Cornacchia da avversario dopo quasi cinque anni. Solo il pensiero di ripercorrere il tunnel degli spogliatoi, mi provoca una sensazione stranissima. Ho voglia di godermi il saluto della mia gente, mi permetto di dire così».
Pescara non l’ha dimenticata.
«Sono arrivato in Abruzzo che ero poco più di un ragazzo, avevo solo 23 anni, e considero la città adriatica un po' casa mia. Più della metà della mia carriera l’ho giocata con la maglia del Delfino e, comunque sia, sarò sempre grato alla gente di Pescara». L'estremo difensore originario di Genova, indossando anche la fascia di capitano, ha disputato nelle file del Pescara 224 partite dal 2014 al 2021, che lo rendono il portiere con più presenze nella storia del club. «Ho sperimentato di tutto, finali perse e vinte. La serie A. Un’altra semifinale play off persa con il Verona. Lo spareggio salvezza in B a Ferragosto con il Perugia, nel periodo del Covid. E una retrocessione in C l’anno successivo».
Non sono mancate le emozioni.
«Sono state scritte delle pagine sportive indimenticabili, sicuramente ho vissuto molti più momenti belli rispetto a quelli brutti. Ho avuto la fortuna di attraversare un periodo d’oro della storia sportiva della società biancazzurra quando allo stadio non c’erano mai meno di 12-13 mila spettatori».
L’ambiente pescarese si deprime facilmente.
«No, l’ambiente pescarese viene da una tradizione importante ed è abituato ad un certo tipo di calcio e, per forza di cose, è diventato esigente».
Il Pescara ha un tifoso in più?
«Sono rimasto un grandissimo tifoso del Pescara in tutti questi anni. È la squadra del mio cuore e lo sarà sempre».
I play off vinti dal Pescara li ha seguiti?
«La semifinale play off con il Foggia persa ai rigori l’avevo vista allo stadio Adriatico-Cornacchia. Stavolta, per scaramanzia, ho seguito tutte le partite in tv. Una sofferenza».
Le piacerebbe chiudere la carriera a Pescara?
«Era sempre stato il mio desiderio, anche per dare una mano ai ragazzi più giovani, un po’ quello che sto facendo a Carrara nell’ultimo anno».
Il suo nome viene accostato spesso al Delfino durante il calciomercato.
«C’è stato qualche avvicinamento negli anni della serie C, ma nulla di concreto. L’età inizia ad essere mia nemica, ma spero di poter vestire di nuovo, anche per un minuto, la maglia biancazzurra per dare la possibilità a mio figlio più piccolo (Francesco, nato nel 2019 a Pescara, ndc) di vedermi giocare nel Pescara».
Dopo la retrocessione in C nel 2021 fu ceduto alla Salernitana.
«Quella è stata un’annata difficile e dolorosa sia dal punto di vista sportivo, sia a livello personale a causa di alcuni problemi familiari. Quell’anno non sono riuscito a viverlo da capitano come avrei voluto, ed è un rammarico che mi porto dentro. L’estate successiva insieme alla società abbiamo deciso che la soluzione migliore sarebbe stata quella di trasferirmi. Ero il più giovane tra gli anziani ed avevo ancora mercato. È andata così».
Che campionato è la serie B?
«Imprevedibile. Bastano poche partite vinte o perse per ballare tra la zona play off e quella play out. Di corazzate ce ne sono poche, secondo me. Chi riesce ad essere un po’ più maturo e a superare i momenti difficili, potrebbe ritrovarsi in alto senza accorgersene».
La Carrarese dove può arrivare?
«Abbiamo una buonissima squadra, un po’ sottovalutata, con un buon mix tra i più anziani e diversi giovani interessanti. Sono sicuro che faremo un ottimo torneo».
E il Pescara quanta strada può fare?
«Il mercato si decide negli ultimi giorni e gli allenatori a luglio lavorano con rose che all’80% non hanno nulla a che vedere con quelle che poi iniziano il campionato e al Pescara è successo proprio questo. Adesso la squadra sta iniziando ad assimilare i concetti dell’allenatore».
Che tipo di allenatore è Vincenzo Vivarini?
«L’ho incrociato poche volte ma ero rimasto estasiato dal gioco del suo Catanzaro».
E Zeman?
«Auguro ad ogni giovane calciatore di poter incontrare nella propria carriera un tecnico come Zdenek Zeman. Da lui ho capito che cosa sono la meritocrazia e la cultura del lavoro».
Un profilo del Pescara su cui punterebbe?
«Mi sono innamorato calcisticamente di Matteo Dagasso. È uno di quei calciatori che riesce ad abbinare alla fisicità del calcio di oggi, quella vena artistica e tecnica che si vede sempre meno».
Un pronostico per sabato prossimo?
«È la partita del mio cuore, è impossibile fare pronostici».
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