Oscurati 870 manifesti elettorali abusivi

Controlli a tappeto dei vigili urbani, multe di 103 euro per ogni cartellone

PESCARA. E’ una campagna elettorale scorrettissima, quella che passa attraverso i manifesti. Volti e slogan dei candidati sono ormai in ogni angolo della città, anche dove non dovrebbero, e col passare dei giorni e delle ore sale vertiginosamente il numero delle violazioni accertate dalla polizia municipale. In queste settimane i vigili ne hanno riscontrate 870, che hanno portato a emettere 432 verbali, ma il lavoro di accertamento lungo le strade non è ancora terminato e andrà avanti fino all’ultimo minuto, visto che ci sono pattuglie destinate solo a questo. La polizia municipale ha cominciato a elevare contravvenzioni l’8 maggio scorso.

Quel giorno è entrata in vigore la disciplina che regola la propaganda elettorale. La legge è chiara e dice che i cartelli non vanno attaccati fuori dalle plance o negli spazi assegnati ad altri, ma la maggior parte dei candidati ignora completamente queste semplicissime regole, o forse preferisce pagare 103 euro per ogni violazione commessa e accertata anziché rinunciare a un po’ di pubblicità visiva. E così al calar della notte i manifesti vengono attaccati ovunque, mentre è obbligatorio, ricordano i vigili, incollarli solo negli spazi elettorali all’interno delle plance, che sono stati assegnati dalla giunta comunale alle varie forze politiche.

Spesso accade che candidati e partiti occupino non solo gli spazi propri ma anche quelli altrui, per poi vedersi oscurare da altri ancora, in una lotta all’ultimo manifesto alla quale è difficile stare dietro. Le quattro pattuglie di vigili (due la mattina e due il pomeriggio) che stanno girando in lungo e in largo la città per scovare gli irregolari hanno un gran da fare, visto che i cartelli fuori legge individuati fino a oggi sono già 870, molti di più dell’ultima campagna elettorale. I verbali, invece, sono 432: meno delle violazioni, spiegano i vigili, perché ogni verbale racchiude più violazioni commesse dallo stesso soggetto e per ogni violazione c’è da pagare 103 euro.

Dopo aver scoperto i fuori-legge i vigili provvedono a fotografare il manifesto, come prova dell’irregolarità, e un operaio (uno solo per tutto il servizio) si preoccupa di farlo scomparire coprendolo con un foglio azzurro. I cartelli selvaggi, un classico di ogni campagna elettorale e sicuramente l’illecito più sanzionato, sono solo la punta dell’iceberg della guerra a distanza tra candidati. Le irregolarità sono anche molte altre, di fronte alle quali si chiude spesso un occhio. I trotter, cioè i maxi manifesti che girano sulle quattro ruote, non potrebbero stare fermi più di un’ora nello stesso punto, ma puntualmente accade il contrario, e i comitati elettorali non potrebbero affatto essere tappezzati di cartelloni, perché le vetrofanie sono proibite.

Per ogni sede il candidato dovrebbe limitarsi a scrivere sulla porta “comitato elettorale” e nulla più, ma è sufficiente fare un giro in centro e in periferia per scoprire che queste disposizioni non vengono rispettate da nessuno, come in una specie di far west della comunicazione elettorale. Molti comitati, poi, sono assolutamente inesistenti, e dietro i manifesti affissi sulle vetrine non c’è nulla. Per non parlare di poster e striscioni affissi sul balcone di amici e parenti che nulla hanno a che fare con il voto. Per chi non lo sapesse sono vietati pure il getto di volantini in luogo pubblico o aperto al pubblico, la propaganda elettorale luminosa in luoghi pubblici e la propaganda luminosa mobile. Chi sgarra paga. Ma c’è sempre la possibilità di beneficiare di un condono, come in passato.