Palazzo a rischio, niente aiuti ai residenti

Viale D’Annunzio, il Comune boccia la richiesta dei proprietari per l’accesso ai contributi statali post terremoto

PESCARA. Non finiscono più le brutte notizie per i 34 proprietari della palazzina a rischio crollo di viale D’Annunzio 259-261. Ora è svanita anche la speranza dei residenti di poter accedere ai fondi statali per la ricostruzione post terremoto. Quei soldi sarebbero stati una boccata d’ossigeno per le famiglie che, oltre a perdere casa, entro breve dovranno anche sostenere le spese per la demolizione dell’edificio, giudicato pericolante dai periti. Come se non bastasse, i proprietari dovranno pagare anche l’Imu, la Tarsu e l’Irpef sulla casa, fino a quando non verrà abbattuta.

La brutta notizia, stavolta, ha assunto le sembianze di un verdetto emesso dal dipartimento Attività tecniche, energetiche e ambientali del Comune, chiamato ad esprimersi dal Tar sul nesso causa-effetto tra il terremoto, avvenuto il 6 aprile del 2009 e l’inagibilità della palazzina. Nesso che se fosse stato riconosciuto, avrebbe consentito alle 34 famiglie proprietarie degli appartamenti nel palazzo di viale D’Annunzio di poter accedere ai contributi statali per la ricostruzione post terremoto.

Il dipartimento del Comune è partito dalla relazione effettuata il 22 ottobre 2009 dai periti per il rilevamento del danno e dell’agibilità dello stabile. Poi, ha esaminato la domanda di accesso ai contributi statali per la ricostruzione dei fabbricati danneggiati dall’evento sismico presentata dai proprietari al Comune il 30 giugno del 2011 e integrata con altri documenti il 30 marzo 2012. Documenti che riguardano, oltre alle perizie, anche le relazioni sullo stato del danno, le fotografie dei punti più critici dello stabile e i preventivi di spesa per la ristrutturazione o l’eventuale ricostruzione del fabbricato. Alla domanda sono state allegate anche le vecchie perizie effettuate nel corso degli anni, dal 1998 al 2006, dai condomini per accertare i cedimenti strutturali. Secondo i periti incaricati dai condomini, «l’evento tellurico del 6 aprile 2009 avrebbe indotto un incremento della velocità di crescita dell’inclinazione del fabbricato». «Tutto quanto premesso», sostiene il direttore del dipartimento Amedeo D’Aurelio, «si è del convincimento che, essendo stato il fabbricato realizzato con tre piani oltre quelli assentiti e determinando, in tal modo, una sovraccarico sulle strutture di fondazione rispetto alla capacità portante propria del terreno, l’incremento della velocità di crescita dell’inclinazione del fabbricato non sia imputabile all’azione sismica determinata dall’evento del 6 aprile 2009». «Verosimilmente», prosegue il direttore del dipartimento, «il dissesto oggi riscontrabile, iniziato già nei primi anni di vita del fabbricato e peggiorato con progressivi incrementi cumulati sino ad oggi, sia di origine principalmente geotecnica, derivante, perciò, da una lacuna progettuale che ha inficiato il rapporto tra struttura e terreno di fondazione, a causa della realizzazione dei piani fuori terra non previsti nel progetto iniziale». «In conclusione», termina D’Aurelio, «la presenza di un grave danno strutturale accertato e dichiarato esistente prima del sisma, l’assenza di precisi studi volti a indagare gli aspetti di natura geologica e geotecnica, che si ritengono preponderanti ai fini della verifica e sussistenza del nesso di causalità, la realizzazione dell’edificio non conforme al progetto iniziale con il conseguente incremento dei carichi agenti dovuti ai tre piani fuori terra abusivamente realizzati, determina il diniego alla domanda di concessione al contributo per la ricostruzione».

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