Parlano i tre tecnici abruzzesi: «Stiamo tornando, è stata dura» 

La partenza in aereo da Istanbul diventa una liberazione: grazie a chi si è adoperato per noi

«Ora stiamo bene, ma è stata dura», raccontano dalla Turchia i tre tecnici abruzzesi.
Li raggiungiamo telefonicamente alle 14, circa le 16 a Istanbul. Sono in attesa di prendere l'aereo per tornare, finalmente, in Italia. Hanno raggiunto Istanbul di notte, con un volo interno in partenza da Adana. Ieri mattina, si sarebbero dovuti imbarcare per Roma, ma il volo è stato improvvisamente cancellato. Di qui, il trasferimento al secondo aeroporto della capitale turca, per il rientro in Italia.
Un'odissea, quella vissuta dai tre abruzzesi Davide Tini, 24 anni, di Silvi Marina, Luigi Di Giovanni, 50 anni, di Pescara e Antonio Torelli, 44 anni di Miglianico, dipendenti dell'azienda abruzzese Diatec Andritz, di Collecorvino, bloccati in Turchia dal devastante terremoto di magnitudo 7,8 con epicentro a Ekimozu.
Quando si è verificata la prima scossa distruttiva, erano all'hotel Dedeman di Gaziantep, dove alloggiavano dal 9 gennaio scorso: in missione di lavoro, per il montaggio di un macchinario per la produzione di pannolini per neonati in un'azienda del posto. L'arrivo a Roma è previsto in nottata.
L'ODISSEA.
Davide, Luigi e Antonio sono rimasti bloccati per due giorni nella hall dell'hotel Dedeman, tra scosse e macerie. La struttura ha retto, ma tutt'intorno un desolante panorama racconta di crolli, devastazioni e vittime. «Stiamo finalmente rientrando», dicono i tre giovani, «era già previsto il ritorno in Italia ieri, ma il volo per Roma è saltato a causa delle pessime condizioni metereologiche. Qui nevica e fa molto freddo».
A turno, raccontano il terrore vissuto durante la scossa, la fuga dall'albergo in pigiama, nel cuore della notte, le lunghe ore di attesa e i contatti con la Farnesina, per accelerare al massimo in rientro in Abruzzo. «Le pessime condizioni meteo hanno reso tutto più difficile, sia per raggiungere Istanbul dall'aeroporto di Adana, che per l'imbarco per raggiungere l'Italia. Il primo aereo non è decollato: abbiamo, quindi, dovuto cambiare scalo per provare a decollare». Poche parole, pronunciate a stento. Sono scossi e provati.
«Non vediamo l'ora di tornare in Abruzzo e riabbracciare le nostre famiglie», dicono, «vogliamo ringraziare quanti si sono adoperati per noi, hanno chiesto notizie e contattato la Farnesina. Il calore degli abruzzesi è giunto fin qui».
MACERIE E TERRORE.
«In Abruzzo non siamo nuovi al terremoto», ricordano Davide Tini, Luigi Di Giovanni e Antonio Torelli, «è stato come rivivere quanto accaduto all'Aquila nel 2009, ma questa volta eravamo presenti. Il dolore dei parenti delle vittime, la devastazione di intere città: immagini che resteranno impresse nelle nostre menti».
Il sisma più forte dal 1939, mille volte più violento rispetto a quello che, nel 2016, ha colpito Amatrice e 30 volte più forte del terremoto dell'Irpinia del 1980, ha colto di sorpresa i tre abruzzesi, che sarebbero dovuti tornare a breve a casa, dopo aver completato l'installazione del macchinario per la produzione di pannolini.
Sono stati momenti e poi giorni terribili. «Si muoveva tutto, l'albergo oscillava come fosse una barca», raccontano, «dormivamo in stanze singole, non c'è stato il tempo di realizzare. Siamo corsi fuori, in pigiama, per salvarci la vita. In questi giorni abbiamo dovuto combattere anche con il freddo: di notte la temperatura è scesa sempre sotto lo zero. Siamo rimasti all'ingresso dell'hotel, come gli altri ospiti, in attesa del trasferimento all'aeroporto di Adana».
L'ATTESA.
Tre famiglie abruzzesi con il fiato sospeso, in attesa di notizie positive. «Siamo ancora in apprensione», spiega Carmine Tini, il papà di Davide, il più giovane dei tecnici in missione in Turchia, «è stato proprio mio figlio, la mattina presto, dopo la terribile scossa, a dirmi quello che stava accadendo. So che stanno bene, ma il protrarsi del rientro non consente di lasciar andare la tensione. Fino a quando non potrò riabbracciarlo, sarò in attesa».
Le comunicazioni via telefono, in questi giorni, sono state difficili, anche a causa dell'impossibilità di ricaricare i cellulari, con l'energia elettrica saltata quasi ovunque.
«Nella giornata di martedì mi avevano detto di non chiamare. Li stavano trasferendo da Gaziantep, vicino al confine con la Siria, all'aeroporto di Adana, dove si sono imbarcati per Istanbul». Ma come si diceva il volo per Roma è stato cancellato costringendo i ragazzi ad un nuovo spostamento.
Costanti i contatti tra il presidente della Regione, Marco Marsilio, che fino a ieri era a Bruxelles, e la Farnesina. È stato lo stesso Marsilio a comunicare che «i ragazzi erano in viaggio verso l'aeroporto di Adana da dove si imbarcheranno per rientrare in Italia. I tre giovani hanno parlato con la nostra ambasciata a Ankara: queste informazioni mi sono state confermate dalla nostra unità di crisi».