Parte l’inchiesta sull’affare da 56 milioni 

La Corte dei Conti chiede atti alla Regione per fare luce sulla vicenda della maxi transazione con una società teramana

L’AQUILA. La procura regionale della Corte dei Conti ha avviato un accertamento istruttorio sulla transazione decisa dalla Regione con la società di Tortoreto Sagitta Immobiliare srl.
Nella richiesta, inviata alla Regione e alla giunta Marsilio, il procuratore regionale, Antonio Giuseppone, testualmente scrive: «Facendo seguito alla nota di codesta amministrazione si richiedono le seguenti notizie e documenti». E via con l’elenco: «Una dettagliata e documentata relazione sulla vicenda; la copia di tutti gli atti richiamati nell'atto transattivo allegato alla delibera di giunta del 7 febbraio del 2019; la documentazione attestante il pagamento della somma di 4 milioni e 750mila euro alla Sagitta Immobiliare srl». E conclude con una frase perentoria: «Rappresentando l'urgenza della richiesta si assegna il termine di venti giorni dal ricevimento della presente per l'evasione della stessa». Ma ricostruiamo i fatti.
Il BILANCIO DA VARIARE. La Regione Abruzzo, il 23 ottobre scorso, ha proceduto, con delibera della giunta di centrodestra, a una consistente variazione di bilancio per far fronte alla prima di tre tranche di risarcimento dovuto alla società Sagitta. La delibera è stata approvata nove mesi dopo un altro atto della giunta, in questo caso di centrosinistra, datata 7 febbraio 2019, cioè tre giorni prima delle elezioni regionali, che ha approvato la transazione a fronte di una richiesta di risarcimento di ben 56 milioni di euro. Ma dobbiamo fare un ulteriore passo indietro per capirne di più.
TUTTO PARTE DA QUI. La Sagitta Immobiliare srl chiede nel 2012, all'epoca della giunta Chiodi, l'autorizzazione unica per realizzare a Colonnella sei impianti per la produzione di energia elettrica alimentata da biomasse. L'autorizzazione, concessa il 10 luglio di quell’anno con un atto dirigenziale, viene però impugnata dal Comune e da un cittadino di Colonnella che si rivolgono al Tar dell’Aquila. Dobbiamo però sottolineare che il permesso a realizzare l'impianto venne rilasciato dalla Regione esattamente il giorno prima dell’entrata in vigore di un decreto ministeriale che prevedeva meno incentivi pubblici per questo tipo di strutture. Torniamo quindi all'iter amministrativo finito sotto la lente d'ingrandimento della giustizia contabile.
MA TUTTO DECADE. Nelle more della fissazione dell'udienza al Tar il Comune di Colonnella invita la Regione a revocare l'autorizzazione. E l'ente avvia il procedimento di revoca dandone comunicazione alla società Sagitta, ma emanando infine una dichiarazione di decadenza dell’autorizzazione. È importante fare il distinguo. La revoca infatti è un provvedimento che ha alla base motivi sopravvenuti di pubblico interesse o il mutamento della situazione di fatto, non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento. Nel caso di decadenza invece si tiene in considerazione la scadenza di un termine. E infatti – siamo nel mese di ottobre del 2014 – una dirigente della Regione Abruzzo (perché sono stati i dirigenti a decidere e non l'organo politico rappresentato dalla giunta all'epoca guidata da Luciano d'Alfonso), scrive che il mancato inizio dei lavori, nei termini previsti dall’autorizzazione, ha determinato la decadenza della stessa. Ma la Sagitta non ci sta.
ALTRO RICORSO. La società impugna al Tar il provvedimento e il tribunale amministrativo regionale riunisce i due ricorsi: quello del Comune vibratiano e il secondo della Sagitta. I giudici accolgono il primo, annullando l'autorizzazione per illegittimo comportamento della Regione nella conduzione della conferenza dei servizi (il Tar scrive di negligenza, imperizia e violazione di legge), e non si pronunciano sulla decadenza perché riferita a un titolo che la Regione non avrebbe dovuto rilasciare, ma diventa significativa una parte della motivazione che prendiamo direttamente dalla prima delle due. Da sola permette di inquadrare nella sostanza la vicenda.
LA MOTIVAZIONE. «Anche a prescindere dall'intenzionalità di un simile modus operandi», scrivono i giudici del Tar, «che ha comunque indiscutibilmente registrato anomalie d'accelerazione istruttorie, resta pacifico ed indiscusso che a causa di tali anomalie il procedimento è terminato in modo prematuro, appena prima dell'entrata in vigore di una normativa di sovvenzione più favorevole all’erario e alla collettività. Quanto sopra», sottolinea il tribunale amministrativo, «evidenzia ed aggrava la superficialità della pubblica amministrazione procedente (i giudici si riferiscono sempre alla quota dirigenziale della Regione e non alla giunta, ndr), che così facendo non solo ha posto in essere procedure invalide contro legem ma, proprio in relazione a tali invalidità, ha finito per favorire gli interessi economici della ditta richiedente a discapito di quelli pubblici».
L’INERZIA. La sentenza è chiarissima. Che fa la Regione? Non propone appello, così la sentenza passa in giudicato dopo aver stabilito che l’ente non avrebbe dovuto rilasciare quell’autorizzazione.
Nella sua contromossa la società Sagitta cerca però di mettere all'angolo la Regione, approfittando di questi presunti errori commessi dall'ente, e ricorre nuovamente al Tar chiedendo di condannare la stessa Regione al risarcimento di 56 milioni e mezzo di euro. Messo di fronte a questa maxi-richiesta, l’ente comincia a trattare, avvalendosi di pareri legali della propria avvocatura.
E si arriva così alla fine del 2018, cioè alla vigilia del primo atto di giunta regionale che viene approvato dopo che il vicepresidente, Giovanni Lolli, subentrato a D'Alfonso, che si era sempre opposto a Sagitta, sollecita la definizione della vicenda, con l'avvocatura regionale che esprime il proprio assenso di massima sulla congruità dell'importo di 4 milioni e 750mila euro da porre alla base della transazione del contenzioso.
ARRIVA LA DELIBERA. Solo dopo questo parere la giunta di centrosinistra approva la delibera che chiude la partita quasi del tutto. Bisognerà infatti arrivare al 23 ottobre scorso quando l’esecutivo di centrodestra vota la variazione di bilancio ma contestualmente decide di informare la Corte dei Conti che, in tempi record, avvia l'inchiesta su un eventuale danno milionario all'erario e su possibili responsabili.
PREVEGGENZA. Una considerazione finale va fatta: il provvedimento di autorizzazione non venne revocato per motivi di pubblico interesse, ma fu invece dichiarata la decadenza perché la Sagitta Immobiliare non avrebbe iniziato i lavori. Ciò significa che anche se l'autorizzazione fosse stata legittimamente rilasciata, la società privata avrebbe perso la facoltà di realizzare gli impianti. Per l'effetto di questa deduzione non si capisce per quali motivi sia stata riconosciuta la transazione di quasi 5 milioni dando per scontato un esito sfavorevole alla Regione della maxi-causa risarcitoria. Nella pubblica amministrazione non esiste la preveggenza.