Pescara, il Calice rotto di Toyo Ito ritorna in piazza Salotto

La scultura pagata 1,3 milioni di euro nel 2009 si ruppe dopo appena 46 giorni. Intanto la causa con la ditta costruttrice va avanti e il Comune chiede un maxi risarcimento
PESCARA. Il Calice di Toyo Ito potrebbe tornare presto in piazza Salotto, nello stesso punto in cui tre anni fa fu prelevato con una gru per essere trasportato in un deposito di Pomezia della ditta costruttrice, la Clax Italia. Ma l’ultima parola spetterà all’artista giapponese autore dell’opera. È questa l’ipotesi più accreditata emersa ieri, durante i lavori della commissione comunale Vigilanza e controllo, presieduta da Carlo Masci. A richiedere una seduta dedicata alla scultura, considerata identitaria della città di Pescara, è stato il consigliere Luigi Albore Mascia, cioè l’ex sindaco che tre anni fa decise di trasferire da piazza Salotto a Pomezia per motivi di sicurezza e decoro l’opera, costata 1,3 milioni di euro e finita in frantumi nel febbraio 2009, dopo appena 46 giorni dalla sua inaugurazione. «Quell’opera era diventata un relitto», ha fatto presente Mascia, «certamente non faceva onore ad Ito e non era un buon biglietto da visita per la città».
Da allora il Calice, conosciuto anche con il suo nome originale inglese Huge wine glass, è finito nel dimenticatoio. Ieri, però, è tornato alla ribalta. In commissione è stato invitato l’avvocato esterno del Comune Carlo Montanino, che sta seguendo da anni il contenzioso, ancora pendente, avviato dall’ente e dalla Caripe nei confronti della Clax Italia, con la richiesta di risarcimento danni alla ditta. Richiesta quantificata dal legale in 2,1 milioni di euro.
Il trasferimento della scultura, voluta fortemente da Luciano D’Alfonso quando era sindaco di Pescara, doveva essere temporaneo cioè il tempo necessario per consentire la revisione della gabbia d’acciaio che dal febbraio 2009, cioè dall’epoca della rottura del monolite in polimetilmetacrilato, sorregge l’opera altrimenti destinata a finire in mille pezzi. Tanto è vero che nell’accordo sottoscritto dal Comune e la ditta costruttrice si parlava di un anno di deposito rinnovabile per altri sei mesi. Invece, la permanenza a Pomezia del Calice è andata avanti per altri due anni perché il Comune, dopo aver speso 27.500 euro per il suo trasferimento, non sapeva dove ricollocare la struttura.
L’ex sindaco Mascia, come ha ricordato ieri in commissione, aveva valutato varie ipotesi di delocalizzazione dell’opera e alla fine ne erano rimaste tre in ballo: il giardino all’interno del museo Colonna, in piazza Primo maggio; la rotatoria di fronte all’università D’Annunzio; l’esterno del teatro Flaiano. Era stato escluso il suo ritorno nel sito di piazza Salotto, dove la passata amministrazione aveva realizzato un’aiuola fiorita. Ma l’attuale amministrazione sembra intenzionata a riportare la scultura proprio nel punto in cui è stata prelevata tre anni fa. In alternativa, restano in piedi le ipotesi del museo Colonna e del teatro Flaiano. Della questione, comunque, si starebbero occupando il sindaco Marco Alessandrini e il vice Enzo Del Vecchio. Nel frattempo, prosegue il contenzioso di Comune e Caripe, i due proprietari della scultura con quote pari, rispettivamente, all’80 e al 20 per cento, contro la Clax Italia ritenuta responsabile, secondo una perizia, del cedimento dell’opera per un errore nella realizzazione della tecnostruttura. Da qui l’avvio di un contenzioso che ora potrebbe arrivare ad una svolta. Secondo quanto riferito da Montanino, si starebbe profilando un accordo transattivo tra le parti che dovrà comunque essere raggiunto entro il prossimo 20 gennaio, il termine stabilito dal giudice Marco Bortone. «Ci sono buone speranze che si raggiunga l’accordo entro quella data», ha rivelato Montanino.
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